10 agosto 1860: il sanguinoso epilogo dei fatti di Bronte

Uno degli episodi più violenti e crudi avvenuti durante la spedizione dei Mille di Garibaldi furono senz’altro i cosiddetti “fatti di Bronte”, accaduti nell’omonima località siciliana il 2 agosto del 1860. Una rivolta popolare nei confronti della nobiltà latifondista e borbonica locale, scatenata dall’attesa per l’arrivo delle truppe garibaldine, aveva provocato una violentissima sollevazione, con diverse case incendiate e il teatro comunale e la biblioteca anch’essi dati alle fiamme. Negli scontri che seguirono 16 furono i morti.

A normalizzare e sedare la situazione fu inviato, dai garibaldini, il genovese Nino Bixio. Si decise per una punizione esemplare. Con un processo sommario durato poche ore furono giudicate ben 150 persone, cinque furono condannate alla fucilazione.

Si trattava di Nicolò Lombardo , un avvocato che dopo la rivolta era stato acclamato come sindaco, Nunzio Ciraldo Fraiunco (un uomo incapace di intendere e di volere), Nunzio Longi Longhitano, Nunzio Nunno Spitaleri e Nunzio Samperi.

La fucilazione si tenne la mattina del 10 agosto. Fraiunco, rimasto incolume alla prima scarica poiché nessun soldato aveva avuto il coraggio di sparargli, si gettò ai piedi di Bixio credendo di essere stato miracolato. Fu ucciso con un colpo di proiettile in testa. I cadaveri furono lasciati esposti al pubblico come ammonimento.

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Redazione di Conoscerelastoria.it

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