Il 2 maggio del 1945 ha fine la battaglia di Berlino, iniziata due settimane prima con l’accerchiamento a tenaglia della città da parte dell’Armata Rossa dell’Unione Sovietica. Mentre procedeva l’avanzata delle truppe sovietiche verso il cuore della città, Hitler, il 30 di aprile, si era suicidato nel suo bunker insieme a Eva Braun, sposata poco prima di compiere il gesto estremo e aveva nominato l’ammiraglio Karl Dönitz come presidente del Reich.
Dopo il suicidio del neo-cancelliere Joseph Goebbels, il 1 maggio, Dönitz si trovò solo ad affrontare le ultime ore della battaglia e, successivamente, le trattative per la resa agli Alleati.
Alle 7 del mattino del 2 maggio, il generale tedesco Helmuth Weidling, al comando della difesa di Berlino, dopo la presa del Reichstag da parte delle truppe sovietiche si arrese ufficialmente con il seguente messaggio, rivolto ai soldati: “Berlino, 2 maggio 1945. Il giorno 30 aprile il Führer si è suicidato, abbandonando in tal modo tutti coloro che gli avevano prestato giuramento di fedeltà. Ligi agli ordini del Führer, voi soldati tedeschi eravate pronti a continuare a combattere per Berlino benché le vostre munizioni stessero per finire e la situazione complessiva rendesse insensata un’ulteriore resistenza. Dispongo ora la cessazione di ogni forma di attività bellica. Ogni ora che voi dovreste continuare a combattere non farebbe che protrarre le terribili sofferenze della popolazione civile e dei nostri feriti. D’accordo con il comando supremo delle truppe sovietiche, vi chiedo di deporre immediatamente le armi. Weidling, ex comandante della difesa della piazza di Berlino“.
In realtà gli ultimi colpi furono sparati alle ore 13 dello stesso giorno poiché alcuni reparti delle SS erano all’oscuro della resa ormai avvenuta.