Ai tempi del suo varo, il 22 febbraio 1931, l’ “Amerigo Vespucci” aveva un gemello, anch’esso battezzato col nome di un grande navigatore. “Cristoforo Colombo”.
Gemello sfortunato perché resterà in servizio con la Regia Marina appena un quindicennio, prima di essere ceduto come riparazione di guerra a Mosca.
Le durissime clausole del Trattato di Pace, infatti, impongono a Roma di cedere buona parte dei migliori vascelli alle potenze vincitrici. Fra queste l’Unione Sovietica che si “aggiudica” il veliero, insieme alla corazzata “Giulio Cesare”. Subiscono la stessa sorte un incrociatore, un cacciatorpediniere, due sommergibili, due torpediniere, alcune moto siluranti e naviglio sottile.
Vero che il fronte marittimo del Mar Nero è stato piuttosto movimentato nel corso del conflitto, ma in quel teatro il ruolo della Voenno-morskoj flot non è stato certamente incisivo quanto quello della Royal Navy e della Regia Marina nel Mediterraneo.
Dunque il bottino sottratto all’Italia rappresenta per i sovietici un buon inizio nell’opera di ricostruzione della flotta del Mar Nero. In vista dei nuovi scenari della Guerra fredda…
Un inizio c’è ma è tutt’altro che positivo. La mancanza di fondi per ammodernare la “Giulio Cesare” (che ora si chiama “Novorrossijsk”), infatti, fa sì che lo scafo resti ormeggiato a Sebastopoli… fino agli Anni ’50 quando si rovescia e affonda. Una vecchia mina causa la tragedia nella quale perdono la vita anche diversi soccorritori.
Fine ingloriosa anche per il “Colombo”, nel frattempo ribattezzato “Dunaj” (“Danubio”). Dopo aver mantenuto la sua funzione di nave scuola per un breve periodo è adibito dapprima a nave appoggio, poi a deposito di legname. Questo finché un incendio non lo devasta. E’ il 1963 e i danni sono tali da preferire l’abbandono al recupero. Nel 1971 la nave è demolita.
A lungo si è parlato, per nave “Giulio Cesare”, di un affondamento provocato da nazionalisti italiani ma non vi sono mai state (e forse mai vi saranno) prove certe del fatto. La versione ufficiale parla di una mina e tale è quella universalmente riconosciuta.
Per il gemello del “Vespucci”, invece, niente teorie del complotto, ma la citazione in uno dei libri più letti al mondo, Don Camillo.
Giovannino Guareschi era infatti a conoscenza della sorte della nave italiana e decide di raccontarla ne Il Compagno don Camillo. Durante il viaggio dei compagni emiliani in Urss (ai quali il prete è aggregato in incognito), la guida sovietica presenta la nave come gioiello della marina russa. E’ subito bacchettata da un genovese che, da marittimo, riconosce il “Cristoforo Colombo” come gioiello dell’arte marinaresca italiana.
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(Immagine di sfondo: Nave “Vespucci” e Nave “Colombo”
Fonte immagine: qui)