Il Cammino, a chi lo percorre da pellegrino, dà molto di più rispetto a chi lo intraprende da turista: cambia la vita. È un itinerario di conversione, nel senso etimologico della parola, per cambiare direzione, prospettiva. Si parte perché si vuole dare più significato alla propria vita, e, se si è pellegrini, si torna trasformati. Ma bisogna “farsi pellegrini”, cioè mettersi totalmente “a disposizione” di Colui che ci guida.
Pellegrinare è affidarsi, cioè: fidarsi del Solo di cui ci si può fidare. Quindi: a piedi, sì, ma senza organizzarsi troppo: zaino quasi vuoto, via tutte le zavorre, niente programmi, niente parenti o amici, niente cellulare. Si inizia il Cammino, sapendo che si potrebbe interromperlo e riprenderlo più volte o anche non arrivare mai. Sarà un altro a decidere. Un Altro: il Signore del tempo, che ci darà, se vuole, il tempo per arrivare: se questo è nel Suo progetto.
Altrimenti, inutile accorciare la strada, saltare dei pezzi, chiedere passaggi. Se si dovesse arrivare con questi stratagemmi, inutile dirsi pellegrini: in realtà, non si è vissuta l’esperienza del pellegrinaggio.