In pellicole iconiche come Schindler’s List ed Il Pianista le condizioni di vita e la distruzione dei ghetti polacchi sono magistralmente ricostruite. Una descrizione cruda che colpisce lo spettatore: né Spielberg né Polanski hanno infatti voluto edulcorare qualcosa che, purtroppo, è stato ed ha causato orrende sofferenze e morte di milioni di persone.
Guardando i due film l’occhio vi sarà certamente caduto su un particolare: alcuni ebrei indossano cappello a tesa ed impugnano il manganello col quale colpiscono i correligionari. Sono comandati da ufficiali nazisti e con i nazisti collaborano… per massacrare la propria gente.
Quegli ebrei polacchi erano membri della Ghetto Polizei (Jüdischer Ordnungsdienst, nda), formazione collaborazionista nata nei ghetti polacchi dopo l’invasione del 1939 e l’ordine, di Berlino, che tutti gli ebrei di Polonia fossero trasferiti in ghetti isolati dal resto delle città.
Collaborazionisti, tuttavia, provenivano anche da altre nazioni: paesi baltici, Ucraina, Russia tutte nazioni invase e duramente occupate dalla Germania.
Parlando dei collaborazionisti la mente va subito a Vidkun Quisling il cui nome divenne sinonimo di tradimento. Nel corso della seconda guerra mondiale, collaboratori di Italia, Germania e Giappone si trovavano in tutto il mondo: dalla Repubblica di Nanchino alla Francia di Vichy, dalla Norvegia di Quisling all’Ungheria delle Croci Frecciate. Dopo la vittoria degli Alleati i popoli coinvolti nel conflitto dovettero fare i conti con un fenomeno che, contrariamente al pensiero comune, era stato molto diffuso. L’ideologia fu da subito usata come spiegazione. Chi avrebbe potuto tradire il proprio paese se non per condivisione dell’ideologia nazional-socialista? Una domanda cui si rispondeva scaricando la colpa su pochi elementi fanatici, dunque non rappresentativi di un intero popolo.
In verità, di fronte alla carenza di generi alimentari, di medicine e a causa della paura che la guerra aveva provocato, la “collaborazione” delle gente comune rientrava più nella sfera dell’esigenza immediata che in quella del pensiero politico. E non si limitò a pochi fanatici. Attenzione, non stiamo giustificando chi ha tradito, anzi! Semmai parliamo di cause che vanno oltre l’adesione politica.
Nei drammatici mesi della ghettizzazione prima e della deportazione poi degli ebrei di Polonia, fame e disperazione attanagliavano una delle comunità ebraiche più numerose d’Europa. Entrare nella Jüdischer Ordnungsdienst significò per molti sopravvivere, far sopravvivere le proprie famiglie ed allungare di un giorno la propria speranza di vita.
Per i nazisti la Jüdischer Ordnungsdienst rappresentava invece un importante strumento di condizionamento e di controllo dei perseguitati: dividendoli, mettendoli gli uni contro gli altri, sfruttandone il de-nutrimento e la disperazione e facendo emergere i lati più oscuri ed animaleschi di chi collaborava con loro.
Sopravvissuti parlarono della Ghetto Polizei come crudele e sadica quanto i nazisti stessi.
La loro fine era già scritta: sarebbero stati uccisi sul posto o inviato nei campi di sterminio dove, altri collaborazionisti (kapò) avrebbero ancora una volta barattato un giorno in più in cambio di crudeltà contro i deportati.