Erano il sole e il Nilo a determinare il calendario egizio. L’anno durava 365 giorni, divisi in 12 mesi da 30 giorni e 5 dì aggiuntivi per far quadrare il ciclo solare. Le stagioni erano tre, di quattro mesi l’una, basate sul ritmo del fiume.L’anno iniziava con la grande piena del Nilo, e la data del capodanno era legata al nuovo sorgere della stella Sirio dopo 70 giorni di assenza, e fissata intorno al 19 luglio.
Cominciava così la stagione dell’inondazione, chiamata akhet. Col ritiro delle acque in novembre cominciava la stagione peret, della “sparizione” delle acque. La terza e ultima stagione, detta shemu, era quella della siccità. I lavori agricoli erano fissati in base a questo calendario. I mesi in linea di massima erano indicati semplicemente come il primo, il secondo, il terzo e il quarto di ogni stagione, e anche i giorni del mese erano indicati con i numeri, anche se c’era una divisione in tre gruppi di dieci giorni. Non era previsto un anno bisestile, per cui ci furono rilevanti sfasamenti che dovevano essere corretti.
Il giorno invece era diviso in 24 ore: all’inizio esse erano sempre 12 diurne e 12 notturne, così che ad essere variabile in base alla luce era la durata della singola ora, con le ore diurne ad essere più lunghe d’estate e più corte d’inverno rispetto a quelle notturne.
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