Cos’era il Grand Tour: senso e itinerari del viaggio italiano dei gentiluomini

Tra Settecento e Ottocento, torme di giovani e facoltosi viaggiatori stranieri si riversano lungo la penisola italiana, in cerca di arte, bellezza, cultura e cose pittoresche. È l’epoca del Grand Tour, che vede protagonisti pittori, letterati, gentiluomini. Tutta l’Italia è un palcoscenico su cui si svolge uno spettacolo a cui bisogna necessariamente assistere. I “giovin signori” (young lords) non possono esimersi da questo viaggio fondamentale se vogliono davvero capire il mondo. All’epoca diverrà una delle basi della formazione dei gentlemen dell’Europa del nord.

Celebri viaggiatori raggiungono il “paese dei limoni” (come lo descrisse Goethe) e scrivono diari, relazioni o vere e proprie guide per illustrare i loro viaggi. È Richard Lassels, prete cattolico inglese del tardo Seicento, a dare forma all’idea del Grand Tour, e anche a dargli il nome. Se prima di lui non erano mancati famosi viaggiatori in terra italiana, per esempio Montaigne o Rabelais, è l’inglese il primo a conferirgli l’intento didattico e formativo che avrà per tutto il Settecento e l’Ottocento.

Nel suo diario di viaggio, pubblicato nel 1670, scrive infatti: “Dove può un uomo acquistare conoscenze maggiori che a Roma? Dove si parlano tutte le lingue, si insegnano tutte le scienze, si incontrano gli uomini più saggi d’Europa, dove ogni pietra è un libro, ogni monumento un maestro”.

Già, ma come si svolgeva un Grand Tour?

Cos’era il Grand Tour: l’arrivo a Genova, poi Torino e Milano

Il viaggiatore inglese generalmente sbarcava a Genova, se arrivava via mare, oppure attraversava il Moncenisio e
raggiunge Torino. Per i turisti provenienti dalla Germania e diretti a Venezia, il passo da percorrere è invece il Brennero con Verona e Padova come tappe intermedie.

L’itinerario classico prevede che si scenda la penisola attraversando la dorsale appenninica, da Bologna a Firenze o, sul versante adriatico, passando per Ancona e Loreto. In linea generale il tratto padano comprende Torino e Milano e soste a Parma, Piacenza e Bologna. Si visitano poi Lucca e Firenze prima di dirigersi verso Roma.

Cos’era il Grand Tour: Pasqua a Roma, poi la discesa a Napoli

Altre tappe sono il lago di Bolsena e Viterbo se si passa per la via Cassia. La capitale è la città dove ci si ferma più a lungo, spesso progettando la partenza nel mese di settembre per giungervi in concomitanza del Natale, e fermandosi fino a Pasqua o per la festa di San Pietro, celebre per i fuochi di artificio che si sparano da Castel Sant’Angelo. Tra le feste pasquali e la fine di giugno si colloca l’escursione a Napoli e dintorni.

Cos’era il Grand Tour: il carnevale di Venezia e la “via della Cornice”

Di rado si scende più a sud, anche se alcuni viaggiatori, e Goethe è tra questi, raggiungono perfino la Sicilia (ma in nave, non per via di terra). Il rientro prevede una sosta a Loreto, poi, attraverso Ferrara e Padova, la tappa a Venezia, consigliata nel mese di febbraio quando si svolgono le feste di carnevale: infine si lascia l’Italia attraverso la Francia, la Svizzera o l’Austria.

Alternativa all’ingresso via mare o dalle Alpi è la cosiddetta “via della Cornice”, un tortuosissimo tratto di “mulattiera” che da Nizza porta a Genova ed è impossibile da percorrere in carrozza. Si tratta della strada ancora oggi nota come Grand Corniche, che attraversa la Costa Azzurra.

Guglielmo Duccoli

Nato a Milano nel 1963, giornalista pubblicista, ha diretto diversi periodici di divulgazione storica. Attualmente è Senior Editor dei bimestrali «Conoscere la Storia», «Medioevo misterioso», «Civiltà romana» e «Far West Gazette» per conto di Sprea Editori.

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