Che cos’è un cromlech? La risposta la si ha salendo sul colle del Piccolo San Bernardo. Raggiungendo la ragguardevole quota di circa 2.200 m sul livello del mare, ci si trova di fronte a un valico che unisce la Valle d’Aosta alla Francia e che fin dall’antichità veniva utilizzato come passaggio naturale attraverso le Alpi.
Da qui, vuole la leggenda, nel III secolo a.C. sarebbero transitate le truppe di Annibale, con tanto di cavalli ed elefanti al seguito. In realtà, recenti ricerche hanno identificato altrove il passaggio scelto dal condottiero cartaginese (un laghetto ad alta quota conserva ancora composti chimici riferibili a deiezioni di elefante del III-II secolo a.C., proprio il periodo delle Guerre puniche). Tuttavia, che il valico fosse già conosciuto in tempi antichi è attestato dallo scrittore Petronio, che nel I secolo a.C. descrive «un luogo sacro, dove s’innalzano gli altari di Ercole».
Una descrizione apparentemente criptica, che risulta immediatamente chiara quando ci si trova dinnanzi allo spettacolo offerto dalla vista di quello che viene considerato uno dei cerchi megalitici più affascinanti e misteriosi. La struttura visibile è composta da 46 menhir dalla forma allungata e appuntita, eretti a due-quattro metri l’uno dall’altro, a disegnare una rozza circonferenza dal raggio di circa 40 metri. Si tratterebbe dunque e per l’appunto di un cromlech, parola composta dai termini celtici croum, curva, e lech, pietra sacra. Il significato di questo monumento deve probabilmente essere ricondotto a quello di un osservatorio astronomico ante litteram.
Ma chi lo avrebbe costruito? L’area era popolata già a partire dal III millennio a.C., l’epoca in cui erano i Salassi a dominare le Alpi e a controllarne i valichi. Se la costruzione del cromlech risalisse davvero a quei tempi, ci troveremmo di fronte a una delle più antiche strutture erette dall’uomo per studiare il moto degli astri. Bisogna anche segnalare che Giulio Cesare, nel De bello Gallico, fa riferimento a popolazioni celtiche che avrebbero abitato la regione; ciò spiegherebbe le analogie del Cerchio con le altre strutture megalitiche riferibili alla civiltà druidica. Le due ipotesi non si escludono a vicenda: come suggerito da Guido Cossard, il fondatore dell’Associazione valdostana scienze astronomiche, i sacerdoti celtici avrebbero utilizzato il cromlech preesistente, in questo caso innestando la propria tradizione su quella delle popolazioni che li avevano preceduti.