Dopo gli studi presso un seminario nella sua Georgia natale, dove vede la luce nel 1878, Stalin si lancia nell’attività rivoluzionaria fin dal 1900, a 22 anni.
Entrato nel 1912 nel Comitato centrale del partito operaio social-democratico, segue un carriera di burocrate e organizzatore, spesso violento, all’ombra di Lenin, l’erede di Karl Marx, colui che per primo ne aveva sperimentato nella realtà storica le teorie e le visioni, dando vita al “Marxismo-Leninismo”.
Piccolo di statura (1,64 cm), Stalin è afflitto da diverse patologie congenite e acquisite. Due dita di un piede sono fuse insieme, durante l’infanzia si ammala di vaiolo e nell’adolescenza un cavallo lo travolge causandogli gravi problemi al braccio sinistro che rimarrà semiparalizzato e risulterà con gli anni alcuni centimetri più corto del braccio destro.
Per tutti questi motivi viene esonerato dal servizio militare alla vigilia della Prima guerra mondiale e può di conseguenza dedicarsi completamente all’attività politica. Se Lenin era considerato l’erede di Marx, Stalin lo sarà di Lenin, fulminato da un attacco cerebrale a soli 54 anni. La sua morte scatenerà una lotta fratricida tra i pretendenti al trono marxista.
Ne uscirà trionfatore Stalin, che riesce ad avere la meglio, grazie alla sua assenza di scrupoli, la sua abilità organizzativa e i suoi modi spicci e decisi, sulle correnti di sinistra di Tosckij e quelle di destra di Bucharin.
Una volta padrone dell’URSS, Stalin intraprende la collettivizzazione forzata dell’agricoltura, la forsennata industrializzazione del paese, la ricerca della produttività a tutti i costi. Utilizza la mano opera gratuita fornita dai prigionieri dei Gulag e presto sopprime le libertà individuali e ogni forma di protesta.
L’ex-seminarista georgiano si fa anche l’apostolo del nazionalismo russo, che fatalmente produce repressione delle minoranze e un accresciuto antisemitismo.
Personaggio complesso, difficile da delineare, che spesso si nasconde dietro una maschera pubblica bonaria di “piccolo padre”, Stalin è certamente un genio della propaganda (la costituzione dell’URSS del 1936, in teoria la più democratica al mondo, arriva proprio nel momento un cui la repressione politica e il terrore poliziesco si abbattono sui sovietici), della messa in scena (scrive lui stesso i testi delle requisitorie del procuratore Vishinsky nei processi-farsa contro gli oppositori) e della ri-scrittura della Storia (per celebrare nel 1929 in pompa magna i suoi cinquant’anni, ad esempio, fa modificare la sua data di nascita, 1879 invece del 1878).
Il ricorso sistematico alla violenza, come strumento di lotta politica, comincia nel 1935 con le cosiddette “grandi purghe”: arresti in massa, processi truccati a grande spettacolo, deportazioni nei Gulag, esecuzioni indiscriminate.
Tutto pur di conservate il potere. Solo nel 1937/1938, gli anni peggiori delle purghe, l’NKVD (polizia politica) arresta un milione e mezzo di persone. Poche riusciranno a sopravvivere. Più della metà sarà giustiziata sul momento, mentre in 500.000 moriranno nei Gulag. Sul numero totale delle vittime dello stalinismo le cifre oscillano molto a seconda dei criteri adottati per il conteggio.
Tutti gli storici tuttavia concordano nel ritenere che furono decine di milioni! Secondo Solgenicyn, l’”Arcipelago Gulag”, cioè tutto il sistema concentrazionario sovietico, ha prodotto un totale di 60 milioni di morti. Una cifra raccapricciante.
Pronto ad allearsi anche con il diavolo pur di conservare il potere ed estendere lo spazio geo-politico dell’URSS, il 23 agosto 1939 ratifica il Patto germano-sovietico Molotov-Ribbentrop che prevede la divisione dell’Europa centrale in zone d’influenza, base della successiva spartizione della Polonia!
Patto che getta nella costernazione i partiti comunisti europei che, dalla sera alla mattina, si scoprono amici dei nazisti.
L’aggressione di Hitler all’URSS due anni dopo (22 giugno 1941) mette ovviamente fine al Patto e Stalin chiede disperatamente aiuto agli alleati occidentali, che non glielo negheranno.
Se il “piccolo padre” in effetti riuscirà a resistere al rullo compressore della Wermacht, sarà grazie alle immense forniture militari che riceverà, in particolare dagli Stati Uniti, tramite i famosi “convogli artici” che scaricheranno nei porti di Arcangelo e Murmansk migliaia di aerei, di carri armati, tonnellate di munizioni e materiale militare di vario genere ecc.
Aiuti che Stalin sembrerà però dimenticare quando nelle conferenze dei Tre Grandi (con Churchill e Roosevelt) riesce spesso ad imporre le proprie visioni. Così mentre le truppe americane dopo la guerra lasciano l’Europa, l’URSS stabilisce la sua “influenza” sui paesi dell’Europa orientale.
Intanto all’interno del paese, mentre le vittime della repressione politica si moltiplicano a tassi esponenziali, Stalin è impegnato ad alimentare un culto della sua personalità senza precedenti: città, strade, aziende agricole collettive e fabbriche riceveranno il suo nome. Il suo ritratto sarà dappertutto.
I mass media dell’epoca parleranno solo di lui. Il suo nome verrà esaltato anche al di fuori dell’URSS, nei paesi occidentali, tramite i partiti comunisti locali.
Maurice Thorez, storico segretario generale del Partito Comunista Francese, non si vergognerà di dichiarare: “le madri hanno fatto amare ai loro figli il nome di Stalin!”.
Il nome di uno dei dittatori più feroci del XX secolo.
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