Dittatori. Turkmenistan, Separmurat Nyazov: il “dittatore-autore” che impose il suo “Ruhnama”

Nyazov, il padre-padrone del Turkmenistan, realizzò il sogno segreto di molti autori: imporre per legge a milioni di persone la lettura dei propri testi, decretarne la traduzione in tutte le maggiori lingue ed infine metterli letteralmente in orbita affinché i loro riflessi potessero avvolgere tutto il pianeta.

Esagerazione? No, è precisamente ciò che successe nel Turkmenistan di Nyazov, auto-ribattezzatosi Turkmenbachi (padre dei turkmeni), dittatore-autore, il quale rese obbligatorio, già a partire dalle scuole elementari, lo studio della sua opera unica e geniale dal titolo Ruhnama (il libro dell’anima), imponendone nel contempo la lettura quotidiana alla radio e alla televisione.

Le librerie e le biblioteche erano obbligate ad averne costantemente numerose copie in evidenza, la sua approfondita conoscenza era una conditio sine qua non per diventare funzionari pubblici.

Una copia del capolavoro fu persino posta in orbita da una navetta spaziale russa nel 2005. Come scrisse entusiasta un giornale governativo: «l’opera che ha conquistato milioni di persone sulla Terra sta per conquistare anche lo Spazio».

Un’opera posta dalla propaganda governativa sullo stesso piano del Corano e della Bibbia. 

Separmurat Nyazov nasce nel 1940 nei pressi di Achgabat, la capitale della Repubblica Socialista Sovietica Turkmena.

Rimasto giovanissimo senza genitori, soggiorna diversi anni in un orfanotrofio sovietico prima di essere accolto da un lontano parente.

Nel 1962 entra nel Partito Comunista dell’URSS dove si distingue per il suo zelo, il suo carattere deciso e la sua ortodossia ideologica, occupando rapidamente posti di responsabilità fino ad essere nominato, nel 1985, Segretario generale del Partito Comunista Turkmeno. 

Nel 1992 viene eletto (con la percentuale sospetta del 99,5%!) Presidente della nuova Repubblica indipendente, un paese di sei milioni scarsi di abitanti e con un territorio, in gran parte desertico, esteso una volta e mezza l’Italia.

Mette subito in chiaro le cose, facendo imprigionare i pochi oppositori che osano ancora manifestarsi, procede alle classiche purghe di staliniana memoria e mette la museruola a tutti i media del paese. 

Inizia l’era Nyazov, germoglia un culto della personalità senza limiti.

Il suo ritratto, simbolo nazionale, appare su tutti i biglietti di banca in circolazione, gli edifici pubblici devono esporre sue gigantografie che pure ornano i principali viali della capitale. Migliaia di statue sono disseminate nel paese secondo criteri che rasentano la follia. Una, ad esempio, è situata nel bel mezzo del deserto del Kara Kum.

Un’altra, placcata in oro, si erge sulla cima della più alta costruzione di Achgabat, l’Arco della Neutralità, e gira su se stessa per essere sempre orientata verso il sole.

Culto della personalità? No, si schernisce il Presidente: «personalmente sono contrario a che la gente veda mie immagini o mie statue nelle strade, ma se il popolo lo vuole…». Insomma un culto della personalità all’inverso: non cioè per impressionare il popolo, ma solo per accontentarlo! 

Come tutti i dittatori, anche Nyazov si crede investito della missione di rifare il mondo e così cambia i nomi dei giorni e dei mesi dell’anno, in un nuovo calendario «personalizzato». Gennaio diventa turkmenbachi (il suo nome), aprile gulbansoltan Eje (il nome della madre), settembre Ruhnama (la sua opera maestra) e così via.

 Insomma, è evidente che per esaltare la grandezza del Presidente non ci saranno limiti e non si baderà a spese in un paese tra i più diseredati al mondo.

Un paese dove la situazione economica peggiorerà drammaticamente nei sedici anni di regime, tanto che la disoccupazione toccherà livelli impensabili persino durante le peggiori crisi nei paesi capitalisti (il 60% della popolazione si ritrova senza lavoro) con il 58% che scivola al di sotto della soglia convenzionale della povertà.

La cura Nyazov fa certo bene alla sua immagine, ma affonda il paese. Un paese dove il Presidente, invece di preoccuparsi di impostare idonee politiche economiche e sociali, si interessa personalmente di questioni di società, volendo regolamentare la vita dei suoi concittadini fin nei minimi dettagli. Esempi di decreti presidenziali quanto meno “originali”: 

– è vietato ai presentatori e alle presentatrici della tv di truccarsi;

– vengono vietati balletti e opera, considerati manifestazioni culturali superflue;

– obbligo di riprodurre il viso del presidente su tutti gli orologi e le bottiglie di vodka circolanti nel paese;

– abolizione dei videogame considerati troppo pericolosi per i giovani turkmeni;

– è vietato ai dentisti di impiantare denti o corone in oro (per preservare la propria dentatura è raccomandato di rosicchiare delle ossa);

– è vietato il play back negli spettacoli televisivi.

Per non citare che i più conosciuti…

Turkmenbachi racchiude nelle sue mani un potere politico pieno, assoluto.

I partiti politici non esistono, l’opposizione sotto qualunque forma è vietata, i media sono totalmente al servizio del regime, la polizia ha poteri illimitati, le manifestazioni pubbliche non sono consentite, le torture in carcere sono la regola, un dissenso troppo insistente può condurre fino alla morte. 

 Il padre dei turkmeni in definitiva è troppo impegnato dai suoi deliri di autore e di costruttore per accorgersi e interessarsi delle condizioni di vita dei propri concittadini.

Un giorno vuole trasformare la capitale in una sorta di Las Vegas centroasiatica, un altro vuole piantare una foresta di cipressi di mille chilometri quadrati per mitigare il clima torrido della capitale, con i ministri del governo incaricati di piantare personalmente la loro brava quota di alberi.

Ma anche un lago artificiale nel bel mezzo del Kara Kum sarebbe certo utile per addolcire il clima di Achgabat e perché non creare un fantastico zoo nel deserto con 300 specie animali, compresi i pinguini? 

Idee che frullano continuamente nella testa del dittatore tutto teso a consolidare la propria presenza nella memoria dei suoi connazionali con opere imperiture, che spesso tuttavia rimarranno allo stato iniziale. Per fortuna del paese.

 Turkmenbachi rincorrerà queste sue chimere di gloria fino al giorno della sua morte, improvvisa, avvenuta nel 2006, ponendo termine ad una dittatura da molti definita «tragicomica», per quel mix di infantile megalomania e di feroce repressione politica che l’ha caratterizzata. 

Un altro emblematico caso di follia al potere.

 

 

 

(Fonte immagine di sfondo: http://www.asianews.it/news-en/President-prepares-new-“holy-book”-to-replace-the-Ruhnama-22653.html)

Redazione Conoscere La Storia

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