
La morte di Glenn Miller rimane uno dei tanti misteri mai chiariti della Seconda guerra mondiale. Il celebre musicista americano scomparve nei cieli della Manica, il 15 dicembre 1944, mentre si accingeva a raggiungere la Francia con un piccolo aereo Noorduyn Norseman D-64.
La versione ufficiale attribuì alle pessime condizioni meteorologiche la causa dell’incidente. Troppi tuttavia furono i punti oscuri contenuti nelle spiegazioni fornite dalle autorità militari, per non far sorgere qualche legittimo dubbio.
Glenn Miller nacque a Clarinda (Iowa) il 1° marzo 1904 da una famiglia di contadini e seguì la famiglia nei vari trasferimenti cui fu costretta per motivi di lavoro.
Le sue umili origini furono esaltate, quando Glenn trionfò con la sua orchestra in tutte le grandi città degli Stati Uniti, come esempio del mitico “american dream”, il sogno americano che si realizza in un paese dove chiunque ha una chance di riuscire e avere successo se ha talento, voglia di lavorare e fiducia in se stesso. E di talento Glenn Miller ne aveva a profusione e ne era consapevole…
Emerse rapidamente come virtuoso del trombone e a 33 anni dirigeva già la sua orchestra, col la quale riuscì ad inventare un suono, un’armonia inconfondibile, una sorta di mix tra jazz e musica leggera.
Nel 1939 era già popolarissimo e suoi dischi andavano a ruba. Era il periodo dei suoi maggiori successi, che varcarono presto le frontiere degli USA affermandosi in tutto il mondo: da In the Mood a Moonlight Serenade.
Successo, ma anche stima e simpatia. Le melodie di questo straordinario musicista, compositore, arrangiatore, autore, direttore d’orchestra, simboleggiarono in qualche modo la faccia più giovane e spensierata degli Stati Uniti.
Nell’Ottobre 1942 Glenn Miller si arruolò nell’esercito come musicista ottenendo il rango di capitano e in seguito di maggiore, formando la “Glenn Miller Army Air Force Band”, una grande orchestra di jazz e di danze, nata per tenere alto il morale delle truppe. Per le autorità militari i concerti di Glenn Miller erano molto importanti perché suscettibili di influenzare positivamente lo stato d’animo dei combattenti, felici, quando ascoltavano la sua musica, “come se avessero ricevuto una lettera da casa”.
Alla fine del 1944 Glenn si trovava a Londra per una serie di concerti della sua orchestra. Concluso il giro britannico, avrebbe dovuto recarsi a Parigi per alleviare, con il suo spensierato e coinvolgente sound, la situazione dei combattenti americani. Così decollò il 15 dicembre a bordo di un piccolo Norseman D-64 da Twinwoods (Bedfordshire), diretto all’aeroporto di Villacoublay (Yvelines).
Da quel momento non si ebbero più sue notizie. Scomparso nel nulla.
E qui ci troviamo di fronte alle prime incongruità. Di questo volo non si trovò traccia in alcun registro! Come mai?
L’aereo, si assicurava, era affondato nella Manica. S’ipotizzò che le basse temperature avessero fatto accumulare del ghiaccio sulle ali, appesantendole al punto da far precipitare il piccolo velivolo. Tuttavia, secondo gli esperti, in questa eventualità le ali si sarebbero staccate dalla fusoliera e sarebbero riemerse in superficie nello spazio di 18 ore. Cosa che però non avvenne. Dell’aereo non si trovò la minima traccia.
Fu quindi inevitabile che nel corso degli anni fiorissero le ipotesi più disparate per dare una spiegazione all’enigma.
John Edwards, ex pilota della Seconda guerra mondiale, imprenditore di successo e ammiratore di Glenn Miller, decise di investire una congrua somma finanziando un’indagine in tutte le direzioni per conoscere le cause reali della morte del “re dello swing”.
Le conclusioni della ricerca da lui promossa furono assai sorprendenti. Miller in realtà non sarebbe stato a bordo del Norseman che affondò nella Manica il 15 dicembre 1944! Edwards affermava di avere le prove che il grande musicista fosse stato assassinato a Parigi, tre giorni dopo il tragico volo. Secondo Edward, Glenn Miller fu ucciso per motivi sconosciuti – forse una rissa finita male – in un bordello di Place Pigalle e il suo corpo fatto scomparire.

La tesi dell’incidente sarebbe quindi stata inventata a posteriori dalle autorità militari, timorose di intaccare l’immagine positiva e in qualche modo patriottica del grande compositore, se fosse stato svelato il mistero di una morte avvenuta in circostanze non certo esaltanti e in ambienti equivoci.
L’imprenditore britannico incontrò tuttavia una sorta di resistenza passiva da parte delle autorità americane, che lo posero di fronte a difficoltà di vario genere. Gli fu detto, ad esempio, che tutta la documentazione riguardante l’incidente del 15 dicembre 1944 era andata distrutta nel corso di un incendio. Dove, quando, come? A quel punto non si sapeva più nemmeno chi avesse accompagnato Miller nel suo ultimo volo. Persino i dati relativi alle condizioni meteo di quel giorno – pessime secondo versione ufficiale – non furono ritrovati.
Esiste peraltro una teoria in qualche modo analoga, dove però la parte fatta recitare a Miller è ben più nobile. L’assassinio di Miller, cioè, sarebbe avvenuto sì in una casa chiusa di Pigalle, ma gli autori sarebbero stati i servizi di sicurezza nazisti, nel quadro di una complicata operazione segreta condotta dagli alleati, l’operazione Eclipse, di cui il musicista americano sarebbe stato protagonista e vittima.
Miller sarebbe stato scelto dal suo amico David Niven, celebre attore britannico, membro attivo del controspionaggio (MI5), per contattare il capo della Wehrmacht, al quale sottoporre una richiesta di armistizio con l’obiettivo di porre fine alle operazioni belliche ed evitare ulteriori e inutili lutti. Miller dunque avrebbe dovuto infiltrarsi nelle linee nemiche per entrare in contatto con il capo delle truppe tedesche per il settore Ovest, generale von Rundstedt. Alcuni elementi della sicurezza tedesca, (SD, Sicherheitsdienst), del tutto contrari all’accordo, avrebbero tuttavia intercettato Miller a Parigi e, dopo averlo torturato, lo avrebbero giustiziato a Pigalle in un luogo molto apparato, nella camera appunto di una prostituta..
Ma queste non furono le sole teorie proposte per spiegare il “mistero Miller”.
Secondo il fratello di Glenn, Herb Miller, la spiegazione era molto semplice. Glenn decollò come previsto il 15 dicembre 1944. Tuttavia appena mezz’ora dopo la partenza, il pilota fu costretto a tornare indietro. Il suo passeggero stava male, molto male, doveva con urgenza essere ricovero in ospedale. Glenn Miller quindi sarebbe morto a Londra il giorno seguente per una grave affezione polmonare, dovuta al suo smodato consumo di tabacco.
Nel 1984 infine fu presentata un’ennesima versione dei fatti, forse la più plausibile.
L’ex pilota della RAF, Fred Shaw, rivelò che il 15 dicembre 1944 tornava da una missione aerea sulla città tedesca di Siegen, missione che per una serie di motivi, soprattutto legati al cattivo tempo, non era stato possibile portare a termine.
Quando le bombe non potevano essere lanciate sull’obiettivo – precisava Shaw – dovevano essere scaricate in una zona marittima prestabilita, onde evitare che il carico trasportato potesse esplodere al momento dell’atterraggio. L’aereo quindi, come da protocollo, si liberò del suo micidiale carico nel punto convenuto. Compresa una bomba di due tonnellate, soprannominata cookie, che esplose in un‘immensa deflagrazione.

Osservando dal finestrino i risultati del lancio, Shaw e i suoi colleghi si resero conto che sulla stessa rotta, proprio sotto il bombardiere, volava un piccolo Norseman che finì per cadere in mare a causa dello spostamento d’aria provocato dalla grande esplosione. Shaw e i suoi compagni riferirono naturalmente sull’incidente, del quale erano stati testimoni, Ma non furono avviate ricerche e investigazioni particolari sulla singolare circostanza. Calò come una cortina di riservatezza sul lontano “aquilone” visto precipitare nel mare. Non se ne parlò più.
Solo molti anni più tardi, il Dipartimento di Storia del Ministero della Difesa britannico, ritenne di riesaminare il caso, arrivando alla conclusione che era certamente possibile, anzi probabile, che il Norseman si fosse incrociato con i bombardieri che rientravano dalla Germania. La rotta del piccolo aereo, in effetti, passava molto vicino alla zona individuata per scaricare le bombe inutilizzate. Ora è plausibile che il cattivo tempo e la poca visibilità di quel giorno abbiano inavvertitamente spinto il piccolo aereo nella zona proibita o che lo stesso Dakota sia uscito dalla sua rotta.
Una versione questa che aiuterebbe anche a capire perché da parte delle autorità militari alleate ci sia stata sempre una certa reticenza a investigare o anche a parlare del “caso Glenn Miller”. Se, in effetti, si fosse saputo che il grande e osannato re dello swing era morto a causa di bombe amiche, di “fuoco amico”, la notizia avrebbe potuto intaccare seriamente la fiducia degli americani nelle forze alleate.
Andò così? Forse. Ma nessuno ha mai potuto dimostrarlo con prove documentali e riscontri storici certi.
Rimane dunque irrisolto l’enigma dell’incredibile destino che si abbatté su uno dei più grandi musicisti americani dell’epoca, l’indimenticato autore di Moonlight Serenade e In the Mood .
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(Immagine di sfondo: il Maggiore Glenn Miller dell’US Army Air Force mentre registra un programma radiofonico. Fonte: qui)