Giochi, danze, banchetti sontuosi e libertà sessuale: i costumi dei nobili etruschi erano bersaglio delle critiche di Greci e Romani, scandalizzati soprattutto dal protagonismo delle donne. I detrattori greci e latini accusavano gli Etruschi di condurre una vita di eccessi, incline alla lussuria, alla gozzoviglia e al lusso smodato, che ingenerava un infiacchimento dello stile di vita, sempre più lontano dalla sobrietà dei primi secoli. Spesso, però, a parlare era l’invidia, perché agli occhi dei vicini Romani l’“Etruria felix” doveva apparire come una sorta di paradiso in Terra, solcata com’era da valli fertili in cui cresceva il grano migliore e ornata da dolci colline boscose, ricche di cacciagione, alle cui pendici correvano i filari delle viti.
Un territorio capace di garantire il lusso del ceto dominante, che sapeva vivere con gusto, anche se non con moderazione. Al di là delle maldicenze, infatti, le scoperte archeologiche hanno confermato lo sfrenato edonismo, soprattutto nel periodo di massimo splendore di questa civiltà: gli Etruschi sfoggiavano senza pudore seminudità o nudità, bevevano in abbondanza (donne incluse), accettavano la promiscuità sessuale e l’amore in pubblico.
Catullo e Virgilio parlano rispettivamente di obesus etruscus e di pinguis tyrrhenus, a sottolineare la loro inclinazione godereccia, in particolar modo quando si trattava di allestire il desco. Altri scrittori coevi raccontano di favolosi banchetti imbanditi addirittura due volte al giorno, tavole sontuose decorate da finissime tovaglie e preziose porcellane, attorno a cui sciamavano nugoli di schiavi, alcuni dei quali bellissimi e vestiti con sconveniente eleganza, dato il loro infimo rango.
Etruschi: un fitto calendario di appuntamenti mondani
Se dentro le mura di casa non c’era tempo di annoiarsi, un fitto calendario di appuntamenti attendeva gli Etruschi in società. Tra gli avvenimenti più seguiti c’erano le competizioni dei carri, con bighe e quadrighe, che si svolgevano in zone rurali vicine alla città o in aree sacre. Le corse richiamavano un vasto pubblico di ogni estrazione sociale, donne comprese, che si accalcava su strutture temporanee in legno di cui non è rimasta traccia.
Abbiamo però a disposizione una ricca iconografia nelle pitture tombali, circostanza che ci permette di comprendere lo straordinario successo popolare di queste gare, seguite dagli spettatori con una passione che rasentava il fanatismo. Gli Etruschi erano abili cavalieri e nell’attuale Maremma erano diffusi allevamenti di agili e velocissimi cavalli. Grandi onori erano tributati ai vincitori delle corse che, di fronte alle massime autorità cittadine, ricevevano ricchi premi.
Un altro appuntamento imperdibile erano i giochi gladiatori. In duello singolo o in squadre contrapposte, addobbati in varie fogge e opportunamente addestrati nelle scuole di combattimento, i gladiatori (quasi sempre prigionieri di guerra) mettevano in scena, per la gioia degli spettatori, duelli che in alcune occasioni potevano risolversi all’ultimo sangue. Largo apprezzamento riscuotevano anche i combattimenti tra uomini a bestie feroci. Corse e duelli rientravano nelle feste organizzate in occasione della morte di un personaggio importante e, se le finanze dei parenti lo permettevano, potevano protrarsi per un’intera settimana.