“Great Los Angeles Air Raid”, 1942. Una incredibile vicenda narrata da Domenico Vecchioni

 

Fino al 7 dicembre 1941 gli americani si consideravano alquanto lontani dal conflitto che insanguinava l’Europa e infiammava l’Estremo Oriente. Ma dopo il proditorio attacco giapponese in quel giorno fatale alla base americana di Pearl Harbour, gli Stati Uniti furono trascinati nel pieno della Seconda guerra mondiale. L’8 dicembre, in effetti, Washington dichiarava formalmente guerra a Tokyo. Tre giorni dopo, Germania e Italia, alleate del Giappone, si consideravano a loro volta in stato di guerra con gli USA. 

La guerra diventava davvero “mondiale”. 

Da quel momento gli abitanti della costa occidentale nordamericana cominciarono a non sentirsi più del tutto tranquilli. E se i giapponesi avessero tentato qualcosa di simile a quanto avvenuto a Pearl Harbour, se avessero attaccato una delle grandi città costiere della California? La popolazione ignorava che, in realtà, Tokyo non disponeva di un dispositivo militare tale da poter minacciare un’offensiva sul continente americano. 

In questa cornice di acute tensioni e voci di pericoli imminenti, si crearono le condizioni idonee perché si verificasse l’incredibile episodio avvenuto nella notte tra il 24 e 25 febbraio 1942. Quando cioè la contraerea americana per alcune ore sparò nei cieli della California alla ricerca di aerei nemici, che sembravano volessero bombardare la città di Los Angeles. Fu la cosiddetta Battaglia di Los Angeles (“Great Los Angeles Air Raid”), che fu però combattuta contro un nemico invisibile e mai individuato!

Cosa accadde esattamente? 

Alle 7 della sera del 24 febbraio apparvero sul cielo di Los Angeles strane luci lampeggianti, così visibili da far scattare l’allarme nelle postazioni di difesa costiera (DCA). Si trattava forse di aerei giapponesi? Le luci tuttavia sparirono dopo pochi minuti.

Mezz’ora dopo il falso avvistamento, si manifestò un’altra emergenza: apparecchi non identificati stavano per irrompere nel cielo di Los Angeles! Tutte le sirene si misero a urlare e migliaia di vedette costiere (air raid warden) raggiunsero i loro posti di osservazione. Venne in tutta fretta deciso un blackout generale per meglio difendersi da nemici a pochi chilometri dalla costa. Rimasta al buio, la tensione della popolazione salì alle stelle. 

Era forse l’inizio della temuta invasione giapponese?

Immensi riflettori cominciarono allora a illuminare il cielo, mostrando la presenza di alcuni oggetti dai riflessi metallici che volavano a un’altezza tra 3 e 6 chilometri e a una velocità sorprendentemente bassa per un aereo, tra 200 e 300 chilometri all’ora. Il pericolo era davvero vicino. Non si poteva più attendere. 

La contraerea aprì dunque il fuoco, sparando per più di un’ora 1430 proiettili di 5,8 kg, senza mai però colpire un solo “oggetto” e senza che una bomba nemica cadesse sulla città. Strano. 

La popolazione era forse in preda a un’allucinazione collettiva dovuta al terribile stress di quei giorni? Grandi sacchi volanti, strane luci rosse, strutture aliene? Tutti si ponevano i quesiti più bizzarri, ma nessuno aveva una risposta soddisfacente. Una sola cosa era certa: la città non aveva subito alcun danno, non era stato abbattuto un solo aereo nemico, non c’era stata alcuna vittima. 

Una fotografia pubblicata in bella evidenza sul Los Angeles Times il 26 febbraio, in cui si intravede un oggetto circolare illuminato dai potenti proiettori della DCA, aggiunse benzina sul fuoco. Non fece che aumentare la confusione e l’inquietudine. L’oggetto peraltro non sembrava un aereo, ma allora cos’era? La fotografia, si seppe dopo, era stata leggermente ritoccata dal giornale per conferire maggiore mistero e drammaticità all’evento. 

Dopo la guerra, il bombardamento fantasma di Los Angeles fu considerato un argomento riservato e la relativa documentazione fu conservata con un’alta classifica di segretezza. Declassificato solo negli anni 1970, il carteggio conteneva un memorandum di spiegazione del generale George C. Marshall, Capo di Stato Maggiore, per il Presidente Franklin Delano Roosevelt. Memorandum che però si limitava a descrivere i fatti, senza spiegare granché. 

Sul singolare avvenimento rimasero dunque in discussione diverse ipotesi.

La prima, tecnicamente più attendibile, è quella che fa riferimento a un piccolo idrovolante smontabile, trasportato da un sottomarino giapponese e “lanciato” da una sorta di catapulta posta sul ponte a fini di osservazione e ricognizione. Questo spiegherebbe perché nessuna bomba era caduta sul suolo americano. La portata dei bombardieri giapponesi non copriva la distanza di andata e ritorno fino e da Los Angeles. Solo quindi aerei imbarcati su portaerei o idrovolanti smontabili trasportati da sottomarini avrebbero potuto sorvolare la capitale californiana. L’ipotesi quindi è plausibile. Dopo la guerra, tuttavia, Tokyo smentì con decisione di aver mai avviato missioni con idrovolanti in quella zona. 

Altra ipotesi, più realista questa, ritiene che la migliore spiegazione dell’incidente sia da collegarsi a palloni sonda meteorologici che, sospinti dal vento, si erano spostati sui cieli della città. Illuminati dai riflettori della DCA, avrebbero emanato dei riflessi argentei suscettibili di far credere alla presenza di “oggetti”.

Non manca poi l’inevitabile teoria “complottista”. Sarebbe stato cioè lo stesso governo americano all’origine del falso raid, per poi far passare più agevolmente, sull’onda di una popolazione traumatizzata e terrorizzata, misure repressive anti-giapponesi. Tesi peraltro che non regge troppo. Il sentimento anti-giapponese aveva radici molto più profonde e risaliva a ben prima della “battaglia di Los Angeles”. 

La singolare notte tra il 24 e 25 febbraio, con tutti i suoi misteri, interrogativi e contraddizioni, ovviamente scatenò anche la fantasia ufologi e appassionati di fantascienza. La spiegazione degli eventi per loro era piuttosto semplice. Quella notte sul cielo della città era apparso un UFO! Un’astronave aliena, che, per niente impressionata dai tiri della DCA, aveva tranquillamente proseguito la sua navigazione aerea scomparendo nell’atmosfera. Non c’era alcun dubbio.  Versione che diversi anni dopo ispirò variamente registi del calibro di Steven Spielberg, che ne ricavò un film satirico (“1941, allarme a Hollywood”) e Jonathan Liebsman, che ne fece una pellicola a grande budget di azione/fantascienza (“World Invasion”).

Ma se il dossier della “battaglia” fu tenuto segreto per circa trent’anni, ci deve pure essere stato qualche solido motivo! Si volevano forse nascondere presenze aliene sui cieli di Los Angeles? Oppure si tentava di coprire improbabili complotti politico-militari con oscure finalità? Oppure non si voleva far sapere che aerei giapponesi fossero arrivati a minacciare la costa californiana, mettendo così in dubbio il mito dell’invulnerabilità del suolo americano? 

No, niente di tutto questo. La realtà è molto più semplice, prosaica e per nulla misteriosa. 

Apponendo il segreto sugli eventi del 25 febbraio, la Marina cercò di nascondere la sorprendente impreparazione della difesa costiera americana! Effettivamente in quell’agitata notte ci fu un falso allarme dovuto con ogni probabilità a palloni sonda atmosferici spostati dal vento. Un errore forse inevitabile. La successiva gestione della crisi, tuttavia, fu caratterizzata da disordine, confusione, panico, mancanza di coordinamento tra i vari enti interessati, diversità di vedute tra Marina ed Esercito. Il fatto che la DCA avesse sparato in aria ben 1430 pesanti proiettili a casaccio, senza aver individuato un nemico certo, stava a dimostrare che la tutta la macchina della difesa costiera non era ancora stata oliata a dovere, erano insomma necessarie ulteriori messe a punto per evitare il ripetersi di situazioni caotiche e incontrollate.

La difesa costiera americana doveva urgentemente “aggiustare il tiro” e non solo in senso tecnico-militare… Questa in sostanza ci sembra la verità occulta del Great Los Angeles Air Raid.

 

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(Immagine di sfondo: fotogramma da 1941 – Allarme ad Hollywood, film commedia del 1979 che ironizzava sull’incredibile episodio del “Great Los Angeles Air Raid”)

Domenico Vecchioni

Domenico Vecchioni. Già Ambasciatore d'Italia, saggista e storico. Ha al suo attivo numerose biografie storico-politiche (tra cui "Evita Peron" e "Raul Castro") e studi sulla storia dello Spionaggio (tra cui "Storia degli agenti segreti. Dallo Spionaggio all'Intelligence" e "le 10 spie donna che hanno fatto la Storia").

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