I genovesi, nelle guerre medioevali, furono il corpo militare più celebre nell’utilizzo della balestra.
Tra il Duecento e il Trecento i balestrieri genovesi si dimostrarono infatti l’arma vincente su molti campi di battaglia.
Al soldo di Milano combatterono valorosamente contro Federico II, contribuendo alla vittoria della rediviva Lega Lombarda sulle ambizioni egemoniche imperiali, e proprio per la loro rinomata pericolosità alcuni di essi, catturati dal nemico nel 1245, furono mutilati della mano e dell’occhio destro e poi rispediti in patria.
Due anni dopo seicento balestrieri liguri riuscirono a spezzare l’assedio imperiale a Parma; nel 1270 furono decisivi nella conquista genovese di Cartagine strappandola agli arabi, mentre nel 1343 difesero l’emporio genovese di Caffa, in Crimea, dai Tatari, decimando il nemico dall’alto delle mura e costringendolo alla ritirata.
Dovettero invece affrontare una vera e propria débacle a Crécy (1346), quando il nutrito contingente guidato da Ottone Doria e Carlo Grimaldi, assoldato da Filippo VI di Valois, venne travolto con tutto l’esercito francese dagli inglesi di Edoardo III.
Fu anche colpa della sfortuna e della disattenzione: i genovesi nella concitazione scordarono gli scudi palvesi nelle retrovie e la pioggia battente inzuppò le corde delle balestre, rendendole quasi inservibili.
Sottoposti al soverchiante tiro degli archi lunghi inglesi, caddero a centinaia. Obbligati a indietreggiare in maniera disordinata, si schiacciarono contro la cavalleria francese che li rintuzzava accusandoli di codardia e la ritirata si concluse in un bagno di sangue.