Nel complesso fenomeno della decolonizzazione la figura di Jawaharlal Nehru, Primo ministro dell’India indipendente, è stato spartiacque e simbolo istituzionale.
La funzione di spartiacque è quella di figura di riferimento del Movimento dei paesi non allineati mentre come simbolo istituzionale egli ricoprì dall’indipendenza al 1964 la carica di Primo ministro dell’India.
Riuscì a conciliare i due ruoli partendo da una militanza tra le file del Congresso Nazionale Indiano, passando ad una istituzionalizzazione come Primo ministro e arrivando sino a coprire un ruolo di primo piano nel Movimento dei paesi non allineati.
Nehru ebbe una formazione secolare, condusse sia studi scientifici che legali, tra l’altro formandosi anche presso una istituzione come il Trinity College di Cambridge.
Egli praticò la professione di avvocato in India per qualche tempo prima di entrare a far parte del partito politico che avrebbe cambiato la sua vita e il destino dell’India intera.
Nel 1919, alla sua adesione, il Congresso era molto diverso dal momento in cui l’India guadagnò la sua indipendenza e tanto fu merito anche di Nehru.
Il Congresso era nato con l’obiettivo di concedere maggior partecipazione a ceti intermedi ed agiati alla vita politica indiana ma con l’azione di Gandhi e l’ingresso di Nehru venne vieppiù ad acquistare al suo interno peso l’ala socialdemocratica e anti-coloniale.
Nehru rappresentò una corrente socialista e mantenne tale visione anche in moltissime scelte compiute come dirigente politico dell’India.
Convinto assertore delle pratiche di opposizione non violenta fu arrestato e detenuto varie volte nell’ambito della sua militanza.
Nel 1926, già trentasettenne, intraprese un viaggio in Europa che lo avrebbe segnato.
Nel biennio 1926-1927 Nehru soggiornò in Europa per permettere alla moglie Kamala, che amava molto, di curare la tubercolosi o almeno di avere sollievo dal morbo.
Nel suo periodo di soggiorno nel vecchio continente egli ebbe modo di confrontarsi con una realtà tremendamente differente da quella che conosceva ed egli stesso affermò che il vecchio mondo che conosceva era ormai morto e sepolto sotto gli orrori della Prima guerra mondiale.
In Europa si confrontò con ideali socialisti evoluti rispetto a quelli antecedenti la Rivoluzione d’ottobre, più realisti e, se vogliamo, disincantati.
Fu un bagno nella realtà dei fatti che lo portò a conoscere allo stesso tempo la realizzazione storica del sogno socialista ma che quello che si presentava come l’incarnazione di tale sogno (il socialismo reale dell’Unione Sovietica) non era propriamente la definitiva realizzazione delle sue aspettative (anche se vi si avvicinava).
Ebbe altresì modo di approfondire la conoscenza di un movimento anti-coloniale globale partecipando al Congresso internazionale contro l’oppressione coloniale e l’imperialismo (evento di ispirazione marxista), tenutosi nel 1927 a Bruxelles.
Al suo rientrò in India riprese la lotta ancor più determinato ma questa volta con la consapevolezza ulteriore di dover perseguire come obiettivo primario ed imprescindibile non solo la lotta per l’indipendenza indiana ma ancor prima e ancor di più l’emancipazione dei popoli sfruttati della terra al fine di liberarli dalla logica oppressiva e a somma zero della decolonizzazione.
In un celebre intervento successivo egli avrebbe avuto modo di puntualizzare:
La dinamica delle relazioni fra stati asservita all’allineamento è molto degradante ed umiliante nei confronti degli stai meno potenti.
E’ un fallimento nella visuale di dare dignità ad ogni popolo o nazione. E’ intollerabile, per me, che le grani nazioni di Asia e Africa escano dal colonialismo solo per poi degradarsi e umiliarsi in questo modo. [con lo schieramento in blocchi]
L’”ottimismo della volontà” messo in campo dal Congresso con la lotta non violenta portata alle estreme conseguenze degli scioperi della fame e la fine della declinazione geografica dell’Impero britannico avrebbero portato ad un accordo (promosso anche grazie alla partecipazione dell’India alla Seconda guerra mondiale al fianco degli alleati) che sfociò nell’indipendenza indiana nel 1947.
Nehru, come Primo ministro si trovò a fronteggiare il tremendo problema dell’arretratezza economica del paese, la fase di assestamento politico post-coloniale e la Partition col Pakistan.
Tutte queste problematiche avrebbero portato con sé una scia di violenza destinata a inghiottire anche Gandhi (assassinato da un estremista indù nel 1948).
Il tentativo immediato di risollevare l’economia indiana venne approcciato da Nehru seguendo molto di quanto egli aveva visto in Unione sovietica nel 1927 (quando ancora la mano pesante della dittatura staliniana non si era palesata del tutto e l’economia era gestita secondo il modello leninista), purtuttavia cercando di pianificare molto di quanto possibile a livello centrale.
Nel 1951 egli riuscì a fare approvare il sistema dei piani quinquennali e a mettere a regime una politica economica che ebbe discreti risultati sino al 1961 (pochi anni prima della sua morte).
Anche se come ben sappiamo, l’ammirazione per certi modelli sovietici non si tradusse mai nello schieramento dell’India con il blocco socialista, almeno fino al 1955 l’India di Nehru fu essenzialmente molto vicina all’Unione sovietica anche per determinati aspetti ideologici.
Nel 1955 con la Conferenza dei paesi afroasiatici tenuta a Bandung, in Indonesia, Nehru assieme a dirigenti di altri paesi fra in quali anche la Cina ed il Pakistan pose le basi per un movimento finalmente di livello globale che coordinasse le azioni governative della lotta al colonialismo e all’imperialismo.
Per molti di questi paesi quella storica Conferenza sfociò nella fondazione del Movimento dei non allineati (che non vide chiaramente la partecipazione della Cina), per altri nell’incamminarsi verso una differente interpretazione del comunismo e dell’antimperialismo che avrebbe segnato il destino del mastodontico sforzo per l’emancipazione politica ed economica dei popoli.
Chi identifica in Nehru un sostenitore, anche nei fatti, di una visione cosmopolita e radicale rischia di tralasciare che egli non fu abbastanza forte per evitare la tragica secessione del suo stesso paese, finendo per incappare prima nella Partition fra India e Pakistan e poi nei conflitti con il governo di Karachi (allora capitale del Pakistan) per la provincia del Kashmir.
Chi ne svilisce la figura ad un abile manovratore in grado di rimanere buon alleato dell’Unione sovietica ed allo stesso tempo leader del Movimento dei non allineati sminuisce senza dubbio la straordinaria personalità di un socialista che seppe adattare l’ideologia alla reale struttura economica e sociale del proprio paese per divenire una delle figure principali del tortuoso e accidentato movimento per la decolonizzazione.
(Fonte immagine di sfondo: https://thewire.in/history/nehru-india-cannot-forget)