Credenze e pratiche al confine tra superstizione e religione hanno da sempre caratterizzato le culture di ogni epoca e latitudine. In Europa erano presenti sin dall’epoca antica. Ciò che rese “speciale” la stregoneria nel tardo Medioevo fu che, accanto alla tradizionale pratica della magia nera (quella considerata in grado di nuocere a uomini e animali), si affermò la credenza che i suoi adepti fossero in relazione diretta con il Diavolo, e quindi rei di eresia e apostasia. Il terrore per le streghe è un fenomeno tardo che si diffuse solo a partire dalla seconda metà del Trecento, dopo la grande crisi seguita alla Peste Nera del 1348. Le streghe (in latino strigae, lamiae o maleficae) furono accusate di scatenare le tempeste, di provocare la moria di uomini e animali, di distruggere i raccolti, e utilizzate come capri espiatori delle carestie e delle epidemie.
Salvo nei casi di accusa di eresia o stregoneria politica (prerogativa degli uomini), esse erano per la stragrande maggioranza donne: considerate simbolo di sensualità e lussuria, erano ritenute moralmente deboli e soggette alle tentazioni. A renderle sospette contribuiva il fatto che, nella società tradizionale, le donne erano di solito depositarie di rimedi medicali, in grado di lenire o guarire alcune malattie, e sapevano far nascere i bambini. Tra le sospette c’erano soprattutto le anziane, le vedove e le nubili: in genere si trattava di gente povera e ignorante, la cui colpevolezza veniva “provata” tramite una confessione ottenuta sotto tortura. Il delitto più frequente di cui erano accusate era la partecipazione al sabba, cioè a una fantomatica riunione durante la quale sacrificavano bambini, celebravano la parodia dei riti cristiani, si impegnavano in danze oscene e avevano rapporti sessuali con il Diavolo e i suoi demoni. La caccia alle streghe fu resa possibile dall’introduzione, nel sistema giuridico, di alcune riforme: l’ordalia (o giudizio divino, tradizionale metodo per giudicare la colpevolezza dell’imputato) fu sostituita dal processo inquisitorio, accompagnato dal ricorso alla tortura e dall’affidamento dell’accusato ai tribunali civili grazie all’introduzione, anche in ambito laico, del reato di stregoneria.
La caccia alle streghe? Situazione peggiorata con la Riforma protestante
La situazione peggiorò nel clima di sospetto e tensione generato nel Cinquecento dalla Riforma: se, da un lato, i protestanti teorizzarono una maggior presenza del Diavolo nella società e la necessità di combatterlo, dall’altro sferrarono un poderoso attacco alla superstizione, al paganesimo e alla magia, al quale si adeguò anche la Controriforma cattolica. La base “teorica” delle persecuzioni fu fornita dai trattati compilati dagli inquisitori, come il Malleus maleficarum (1486) di Heinrich Kraemer e Jacob Sprenger, autorizzati a operare in Germania da papa Innocenzo VIII con la bolla Summis desiderantes, o la Demonolatreiae di Nicolas Rémy (1595), o ancora i Disquisitionum magicarum libri sex di Martin Antonio del Rio, trattato diffusissimo nel Seicento. Il fenomeno della caccia alle streghe, lungi quindi dall’essere caratteristico del Medioevo, è stato interpretato dagli studiosi non tanto come un’ossessione di matrice religiosa, quanto come il tentativo, da parte delle autorità, di reprimere il dissenso e contenere gli episodi di ribellione che nel tardo Medioevo e nell’Età moderna si manifestarono, acuiti dalla crisi, sotto forma di frequenti rivolte.
(Immagine di sfondo, fonte: foto di Susan Cipriano da Pixabay )
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Note: di questo argomento si parla nel numero 46 di Conoscere la Storia, disponibile nello store Sprea Editori