E’ un limpido giorno di fine estate del 1951. Siamo in una delle perle della costiera amalfitana, a pochi anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, in un’Italia a metà fra ricostruzione e ripresa. I turisti hanno iniziato a tornare nel Bel Paese, riscoprendone storia, cultura e scorci. Lì, in quell’angolo di Campania tutt’ora meta ambita da villegganti di mezzo mondo, due amiche austriache di Linz si apprestano a fare una nuotata nelle fresche acque del primo mattino.
Sono due ottimi nuotatrici Anna e Ida, amanti del mare, entrambe alloggiate in un albergo di Sorrento che, quel giorno, sono ad Amalfi dove si tuffano per una nuotata nelle acque fresche della prima mattinata.
Anna sembra inarrestabile: è lei che da il ritmo della bracciata ad Ida, che la segue poco distante. Ad un tratto però Ida ancia un grido strozzato. Sono in un punto poco visibile dalla spiaggia, dove il mare è azzurro ma profondo, paradisiaco e nello stesso tempi infernale quando abbassi la testa e fantasmi e paure ancestrali risalgono dalla profondità.
Uno squalo ha attaccato Anna, trascinandola con sé negli abissi. Ida può fare ben poco, eccetto che attirare l’attenzione di una barca di pescatori in lontananza, che raggiunge con frenetiche bracciate.
A terra, la ragazza è riportata in albergo in stato di shock. La notizia, intanto, fa il giro della costiera amalfitana e scattano subito le ricerche di Anne di cui, tuttavia, non si troverà traccia alcuna.
Cosa strana se ci pensiamo. La stragrande maggioranza degli attacchi di squalo è classificata come non provocata. Lo squalo, animale curioso, sfrutta le fauci per testare la consistenza della potenziale preda. Un po’ come chiedersi “è commestibile o no?”.
La ferita inflitta non causa necessariamente la morte. Tutto dipende da molteplici fattori: l’esemplare che attacca, il punto in cui si è stati morsi, la tempestività dei soccorsi.
Una cosa è invece assodata: i resti. In caso di morte quelli si ritrovano, che siano trascinati dalla corrente a riva o che giacciano sul fondo. Difficile spariscano senza lasciare traccia, neanche un brandello di costume che galleggia.
Perplessità colte anche dagli investigatori ai quali non tornano i dettagli di quella singolare vicenda: uno squalo? Oppure Ida, per qualche oscuro motivo, si è voluta sbarazzare dell’amica?
Domande senza risposta sia perché Ida è, nel frattempo, tornata in Austria, sia perché i genitori di Anne arrivano ad Amalfi per ricordare la figlia morta. Doppiamente strano: l’unica testimone sparisce, nessuno la cerca o le fa ulteriori domande, neanche i familiare che sembrano accettare la “versione ufficiale”.
Il caso viene chiuso. Anche se chiuso non è la parola giusta da usare…
Pochi anni più tardi Anne è riconosciuta all’aeroporto di Washington: viva, vegeta e sposata con uno statunitense. Forse è proprio lui lo “squalo” che ha attaccato Anna ad Amalfi, un uomo inviso alla famiglia di lei che aveva imposto alla figlia di non vederlo più. E, allora, fingersi morti per poter scappare dall’Europa e rifarsi una vita degli USA sarebbe potuta essere una buona soluzione. E quale luogo migliore del mare per scomparire?
Malgrado gli attacchi, mortali, di squalo negli ultimi cento anni siano un numero pressoché irrisorio (si muore più facilmente per una puntura di ape che per un attacco di pescecane), l’Italia è stata teatro di incontri, non sempre piacevoli, con questi stupendi quanto temibili animali. Tirreno ed Adriatico, infatti, sono popolati da diverse specie di squali, compresi il Mako ed il Grande Squalo Bianco che, ogni tanto, fa ancora capolino ai pochi fortunati che riescono ad incontrarlo in mare aperto. Nove volte su dieci senza conseguenza alcuna…
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(Immagine di sfondo: celebre fotogramma de Lo Squalo che mostra l’attacco, mortale, alla prima vittima. Fonte: The Daily Jaws).