Il generale George Armstrong Custer è conosciuto per la sconfitta nella battaglia di Little Big Horn contro gli indiani d’America. Il 25 giugno 1876, in quel luogo sperduto del Montana si scontrarono tra i 1.500 e i 3.000 uomini, ne morirono complessivamente meno di 300, tra cui lo stesso Custer e, cosa che più conta, i vincitori, gli indiani guidati da Toro Seduto, non riuscì mai a cogliere i frutti del suo successo.
A tenere vivo il ricordo di Custer si dedicò, per tutta la vita, la vedova, Elizabeth Clift Bacon. La donna si impegnò anima e corpo a celebrare la vita del marito e a difenderne la memoria, con impeto e straordinaria efficacia. È proprio grazie alla sua opera, ai libri che scrisse, alle conferenze che tenne per quasi cinquant’anni in ogni angolo degli Stati Uniti e all’indefessa e instancabile opera di difesa dell’onorabilità di Custer, che si deve la popolarità post mortem dell’“eroe sconfitto” di Little Big Horn.
Elizabeth era di tre anni più giovane di Custer, che aveva sposato per amore contro il volere del padre, un giudice che non gradiva in famiglia un uomo di umili origini. Forte e volitiva, ebbe un rapporto travagliato ma anche appassionato con il marito, che, da vera donna del West, seguì ovunque la professione lo portasse (un comportamento non comune tra le mogli degli ufficiali).
Dopo la morte del consorte, Elizabeth reagì con forza e vigore ai numerosi tentativi di screditarlo. La sua opera fu così efficace da permettere non solo di riabilitare Custer, ma si trasformò presto in una fonte di guadagno: scrisse tre libri sulla vicenda, girò gli Usa tenendo conferenze e quando morì, nel 1933, aveva accumulato un patrimonio di 100 mila dollari, equivalenti a quasi due milioni di oggi.
Immagine via commons.wikimedia.org, autore United States Library of Congress’s Prints and Photographs division