I primi convogli transcontinentali che attraversavano il vecchio West non avevano vetture ristorante (a parte qualche raro caso). Per mangiare, i passeggeri dovevano quindi scendere ad alcune fermate stabilite e accomodarsi nei ristoranti allestiti lungo il percorso. Si trattava di locande senza pretese, dove il cibo non era eccellente e in genere era mal cucinato e mal servito. Come ricorda un viaggiatore scozzese, un certo William Robertson, “tutti e tre i pasti, prima colazione, pranzo e cena, erano quasi identici. Ossia: tè, bistecche di bufalo, costolette di antilope, patate dolci e granoturco indiano bollito, con focacce di mais e melassa”.
Le costolette di antilope dovevano apparire al viaggiatore come un esotismo, ma non tutti la pensavano così. Secondo la scrittrice Susan Coolidge, per esempio, quando una bistecca era più dura del solito, il ristoratore la metteva in lista
come “di antilope” per darle un fascino che in realtà non aveva affatto. Anche la Coolidge, come William Robertson, si lamentava della monotonia dei pasti: “Bisogna guardare l’orologio per sapere se si tratta della prima colazione, del pranzo o della cena. Perché i pasti sono praticamente identici: bistecca, uova fritte, patate fritte“. Veniva servito anche lo stufato di pollo, giudicato eccellente, salvo poi scoprire che in verità il “pollo” era cane della prateria.
Di solito, più si avanzava nelle pianure, allontanandosi dalle grandi città del Mississippi, più la qualità dei ristoranti peggiorava. I locali si riducevano spesso a stamberghe luride, con tavoli e camerieri sporchi. Nel corso del tempo, però, alcune città finirono per farsi un nome grazie ad alcune specialità particolarmente gustose servite nelle loro stazioni: Laramie divenne famosa per le bistecche, Green River per i biscotti caldi, Colfax per il pesce e Sidney per l’antilope, mentre le trote di montagna erano la prelibatezza di Evanston, nel Wyoming. Si usavano già anche i cestini da viaggio, che offrivano panini, pollo fritto, biscotti e marmellata: cibi che spesso, all’atto dell’acquisto, avevano già superato la “data di scadenza”.