Sul finire del 1700 le diverse tensioni tra le potenze europee inizieranno a lambire anche i confini italiani.
Dopo gli avvenimenti rivoluzionari francesi iniziò una fase particolarmente movimentata: da una parte, in Francia gli strascichi della rivoluzione creavano instabilità nel paese, dall’altra erano molti quelli ancora convinti che fosse giusto diffondere tali ideali rivoluzionari a qualsiasi costo anche al resto dell’Europa.
Nel 1793, con questo intento, la Francia dichiarò guerra prima all’Inghilterra e successivamente anche all’Austria.
Nell’ambiziosa ricerca dell’egemonia un ruolo chiave sarà rivestito dal giovane generale corso, Napoleone Bonaparte, che si distinse fin da subito come vero genio militare.
Nel 1976 partì alla volta dell’Italia che inizialmente doveva fornire solo da diversivo, poiché l’obiettivo finale dell’attacco prevedeva in realtà l’ingresso a Vienna utilizzando due direttrici sul Reno.
Ma si trasformò invece in una serie di vittorie eclatanti, che non fecero altro che far risplendere ancor di più la ormai indiscussa e assodata capacità militare e strategica di Napoleone.
Ma molti dei territori conquistati non iniziarono a considerare gli ideali francesi come propri e anzi, li vivevano come imposizioni e limitazioni delle proprie libertà personali.
Ed è proprio con questo spirito che una sollevazione importante infervorerà soprattutto la Contea del Tirolo, situata in un punto strategico importante per i francesi.
Sentendosi sottopressione l’intera Contea, da Innsbruck a Trento iniziò una mobilitazione di massa.
Per affrontare la situazione, si decise di fare affidamento su squadre di vigilanza cittadina, nate con il solo scopo di difendere e tutelare la libertà del proprio territorio e della propria popolazione.
L’uso di milizie di difesa territoriali era un uso remoto e collegato al diritto feudale, ove i sudditi erano tenuti a prestare servizio armato a seconda delle esigenze, come il servizio di guardia entro le mura o l’aiuto nell’edificazione e nella manutenzione delle fortificazioni.
Da questi gruppi, inizialmente chiamati “drappelli”, nasceranno le compagnie di Schützen: formazioni da 500-800 uomini costituite da un capitano, due o tre sottoufficiali e una truppa suddivisa tra archibugieri e moschettieri.
La Contea del Tirolo era inoltre sotto la protezione dai Principi della casa D’Asburgo dal 1363.
Gli Asburgo apprezzavano la vocazione dei tirolesi a difendere da sé il proprio territorio e per questo, già nel 1511, decisero di conferirgli la libertà di gestire i propri confini.
Venne sancito un patto, denominato Tiroler Landlibell, che permetteva agli Schützen di prendere autonomamente decisioni militari in funzione esclusivamente difensiva sul proprio territorio.
Inoltre se il Tirolo fosse stato attaccato un sistema a catena di fuochi – detti Kreiden Feuer – avrebbero trasmesso un segnale di allarme a tutte le valli.
Inutile dire che il Landlibell così stabilito e concesso dagli Asburgo, alimentò ulteriormente quel autoctono sentimento di autodifesa che distinguerà i tirolesi durante l’invasione francese.
La Contea riuscì a scampare all’invasione francese del 1796: le truppe napoleoniche entrarono a Trento nel mese di settembre ma, anziché proseguire lungo l’Adige verso Bolzano, come era nei piani, piegarono verso est per puntare su Vienna attraverso il Friuli.
Per l’intera popolazione tirolese fu un miracolo legato al voto fatto al Sacro Cuore che ancora oggi si festeggia ai primi di giugno.
Tuttavia, l’ascesa di Napoleone era solo al suo inizio. Nel 1800 ormai console a vita, divenne sovrano assoluto della Francia e il 18 maggio 1804 fu proclamato imperatore e, l’anno dopo fu incoronato Re d’Italia. In quello stesso anno si creò in Europa la Terza coalizione anti-napoleonica per contrastare una fame egemonica dalla quale neanche il Tirolo riuscì ad uscirne indenne.
Infatti, già nel novembre del 1805, in seguito alla disfatta austriaca di Austerlitz, la Contea del Tirolo si ritrovò ad dover affrontare un nuovo nemico.
Il Principe elettore Massimiliano Giuseppe di Baviera si alleò con Napoleone con la speranza, oltre all’ottenere un cospicuo bottino di guerra, di riconquistare anche una vecchia dominazione perduta.
Infatti, la Contea era stata di possesso bavarese fino al 1027. Dopo le conquiste francesi al confine settentrionale del Tirolo, i militari austriaci si ritirarono completamente e così la Contea del Tirolo fu assegnata nuovamente ai bavaresi.
Il Tirolo fu considerato parte integrante della Baviera a tal punto che scomparve addirittura dalle carte geografiche, sia come concetto sia come denominazione.
Ma la popolazione non si arrese: già nel 1806 tra i tirolesi e la Casa imperiale austriaca si era stabilita una fitta corrispondenza per la liberazione.
Ed è in questo frangente che un semplice oste, ancora oggi poco conosciuto, diventerà un simbolo, la personificazione degli ideali e dell’indipendenza tirolese.
Andreas Hofer, nato in Val Passiria nel 1767, a ventun anni rilevò un maso indebitato e in poco tempo lo risanò.
Hofer era da sempre molto attivo territorialmente e si distinse ben presto per la sua tenacia e forza d’animo.
Queste qualità da leader, unite ad un forte attaccamento ai propri ideali di libertà e di fede, porterà il giovane oste prima a diventare comandante generale degli Schützen e poi a guidare il popolo tirolese nella rivolta del 1809, arrivando a sfidare apertamente il potere napoleonico sul territorio.
La rivolta che scoppiò nel 1809 fu appoggiata anche dalla corte viennese: a inizi primavera gli Schützen ricevettero l’incarico di impedire il passaggio delle truppe di Napoleone in Baviera.
In cambio l’Austria promise di aiutarli militarmente.
Ad aprile quindi l’insurrezione iniziò: Hofer prese da subito l’iniziativa riuscendo a sbaragliare due compagnie bavaresi stanziate a Vipiteno.
L’iniziativa di Hofer ebbe una grossa eco e continuò anche nel Tirolo italiano: le truppe imperiali e gli Schützen sotto la guida di Hofer occuparono Trento e i francesi furono inseguiti fino al confine meridionale, liberando anche Rovereto.
La figura di Hofer si distinse a tal punto da essere proclamato, tra l’ammirazione e il consenso generale, comandante supremo del Tirolo, sancendo così l’inizio della sua leggenda per il popolo tirolese.
Ma il 14 ottobre al castello di Schönbrunn, l’imperatore austriaco Francesco si sottomise nuovamente a un trattato di pace con Napoleone.
I tirolesi si ritrovarono soli e i francesi non si fecero più scrupoli: schiacciarono la rivolta con durezza nel giro di poche settimane.
La battaglia del Bergisel dell’1 novembre si risolse con una sconfitta definitiva e i generali francesi iniziarono a fare “pulizia”, fucilando chiunque venisse trovato in possesso di armi. Nessuno venne risparmiato: a Bolzano furono uccise 300 donne che erano insorte armandosi. Hofer, con una cospicua taglia sulla testa si rifugiò nella sua valle natale, che non volle assolutamente lasciare, nonostante i diversi salvacondotti offerti: diversi messaggeri di Vienna, recandosi di persona, lo esortarono ad abbandonare il suo rifugio, ma fu tutto inutile.
Il 28 gennaio 1810 fu tradito e arrestato.
Dopo diverse soste, un primo interrogatorio e un breve processo, Hofer si presentò al plotone di esecuzione il 20 febbraio 1810 a Mantova.
Tra le mani teneva un crocefisso ornato da un mazzetto di fiori.
Dopo l’esecuzione per fucilazione le spoglie furono sepolte nel cimitero della chiesa mantovana di San Michele, ma nel 1823 la sua tomba fu trafugata e portata a Innsbruck, dove si trova tutt’ora nella chiesa Hofkirche.
Andreas Hofer fu senz’altro un personaggio fuori dal comune, ricordato con affetto da una popolazione che si è sempre sentita libera.
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Autore: dott.ssa Marta Caramanti
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(Immagine di sfondo: Andreas Hofer a capo dell’insurrezione tirolese di Joseph Anton Koch, 1820. Fonte immagine: qui)