Non solo Totò: anche la Tour Eiffel “venduta” da un abile birbaccione

Chi non ricorda il celebre sketch nel film Tototruffa ’62 di Camillo Mastrocinque, in cui Totò cerca di vendere la Fontana di Trevi ad uno sprovveduto turista italo-americano? Molti avranno pensato che la scenetta era stata immaginata dagli autori per dare libero sfogo all’irresistibile comicità del grande attore napoletano. Ma non era proprio così. Gli sceneggiatori non avevano dovuto “inventare” nulla: era bastato loro ispirarsi alla realtà. Esempi di vendite impossibili, infatti, avevano animato la cronaca giudiziaria dei più svariati paesi. Probabilmente una delle vendite più improbabili era stata quella realizzata da Victor Lustig, un boemo elegante, poliglotta e beau parleur, capace di vendere qualunque cosa. E in effetti aveva venduto la Tour Eiffel!

Rampollo di una nobile famiglia austro-ungarica, ribelle, colto, elegante, di bella presenza, poliglotta, Victor approda alla fine del secolo scorso, a soli 19 anni, a Parigi allora in piena Belle Epoque  e centro di attrazione per avventurieri di tutte le specie. Implicato in una pericolosa storia di sfruttamento di due mondaines pazzamente innamoratesi di lui ma protette da gangster professionisti, il bel Victor preferisce prendere il largo. E non solo in senso figurato…Si imbarca sui transatlantici che collegano l’Europa agli Stati Uniti. Qui perfeziona la sua “formazione professionale” diventando un provetto giocatore di poker, grazie anche ai consigli di uno sperimentato baro americano, un certo Nicky Arnstein, il quale gli insegna in particolare i trucchi “psicologici” del buon truffatore… La vittima del raggiro, cioè,  deve risultare in qualche modo consenziente o comunque deve essere messa nelle condizioni di non poter reagire per la vergogna di essere stata platealmente o stupidamente beffata!

Alla vigila della Prima guerra mondiale Victor se ne va ad “operare” Stati Uniti, dove sarà protagonista di mille raggiri che gli frutteranno ingenti somme. Finalmente nel 1925, con i proventi delle truffe americane, può permettersi il lusso di tornare in Europa, stabilendosi nella sua amata Parigi. Qui può assaporare le delizie degli “anni folli”: Lido, Folies- Bergères, Moulin Rouge, Maxim’s, insomma la dolce vita dell’epoca. In tali condizioni, però, il gruzzolo accumulato negli Usa comincia a fondere come neve al sole. Diventa allora urgente mettere a segno un nuovo colpo, magari quello definitivo.

La sua attenzione si concentra sempre più spesso sui problemi del Comune di Parigi, che non ha più fondi nemmeno per restaurare il monumento simbolo della città in pericoloso stato di degrado: la Tour Eiffel. Alcuni giornali si chiedono allora se non sarebbe meglio venderla e smantellarla, considerate le difficoltà per tenerla decentemente in piedi. Ma quella che era solo una boutade provocatoria, nella mente di Victor si trasforma presto in un piano operativo per la miglior truffa della sua vita.

Su falsa carta in tesata di “Direttore Generale delle Poste e dei Telegrafi”, assistito dal suo capo segreteria, il suo amico e complice Dan Collins, convoca nel lussuoso Hotel Crillon, sua abituale dimora, le più quotate imprese di riciclaggio del ferro e dell’acciaio per un affare che certamente le interesserà.

Ai cinque imprenditori che si presentano, Victor spiega di essere stato incaricato dal Ministero e dalla Città di Parigi di vendere la Torre Eiffel in vista del suo smantellamento. Al riguardo mostra subito le sue credenziali, tutte rigorosamente false. Fa riferimento alla disastrosa situazione finanziaria del Comune che rischia il fallimento. Ricorda che la struttura in realtà doveva essere smantellata già dopo l’esposizione universale del 1889 e che, a detta di molti, quell’ammasso ferroso stona vistosamente con le forme aggraziate delle cattedrali gotiche di Parigi. Sempre più convincente, il grande truffatore aggiunge che, su espressa richiesta del Presidente del Consiglio, il negoziato deve rimanere segreto finché non sarà concluso.

E per fugare i dubbi residui, Lustig propone ai cinque di fare immediatamente un primo sopralluogo al monumento. Arrivati ai piedi della Torre, dove c’è una lunga fila di turisti, il “negoziatore” passa sicuro davanti a tutti mostrando il documento di riconoscimento ministeriale (falso ovviamente) e chiedendo anche l’assistenza di un impiegato. I cinque imprenditori sono impressionati da tanta sicurezza.

Otto giorni dopo il sopralluogo, arriva la prima proposta di acquisto da un imprenditore dal nome predestinato, Monsieur Poisson  (Signor Pesce), al quale Victor fa successivamente capire che per favorire le trattative bisogna prevedere una “bustarella” o meglio il giusto compenso per l’intermediario. Ma occorre far presto, altre offerte incombono! Convinto della bontà dell’operazione (convinzione paradossalmente rafforzata dalla richiesta della “commissione”, sicuro com’è che i grandi burocrati siano tutti corrotti), Poisson paga l’alta percentuale richiesta in attesa della formalizzazione dell’atto di vendita…

Victor e il suo complice intanto hanno lasciato in treno Parigi con la fortissima somma intascata (non se ne conoscerà mai l’esatto ammontare) sicuri che – secondo gli insegnamenti di Arnstein –  il pesce caduto nella rete mai si sarebbe rivolto alla polizia, lamentando di non aver potuto acquistare la Torre Eiffel!

 

 

 

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(Fonte immagine di sfondo: https://startingfinance.wordpress.com )

Domenico Vecchioni

Domenico Vecchioni. Già Ambasciatore d'Italia, saggista e storico. Ha al suo attivo numerose biografie storico-politiche (tra cui "Evita Peron" e "Raul Castro") e studi sulla storia dello Spionaggio (tra cui "Storia degli agenti segreti. Dallo Spionaggio all'Intelligence" e "le 10 spie donna che hanno fatto la Storia").

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