Roma, Quartiere di Primavalle, 16 aprile 1973. Un rogo improvviso accende la notte del popolare quartiere capitolino. Fiamme dal terzo piano di un edificio. Gli inquilini dell’appartamento divorato dal fuoco si gettano nel vuoto pur di salvarsi. Degli otto occupanti, due ne mancano all’appello: Virgilio e Stefano Mattei, che moriranno insieme fra le fiamme.
Virgilio ha 22 anni ed è un attivista del Movimento Sociale Italiano, Stefano ne ha 8 appena. Sono entrambi figli di un operaio e sindacalista della Cisnal, presidente del locale circolo missino.
Le fiamme hanno origine dolosa. Benzina gettata sotto la porta da un commando di Potere Operaio, sigla dell’ultra sinistra che intende colpire il fascista Mattei.
Azione dimostrativa, si giustificheranno inseguito i responsabili. Invece, una strage. La gente del quartiere assiste all’orrore: i fratelli alla finestra, consumati dal fuoco. Ritrovati da soccorritori, i cadaveri carbonizzati sono ancora stretti in un abbraccio.
I responsabili hanno un nome: Achille Lollo, Marino Grillo e Manlio Clavo entrambi processati per la prima volta nel febbraio 1975. Lollo è l’unico in mano alla polizia, gli altri sono latitanti. Il processo si risolve con una assoluzione per mancanza di prove.
In appello, però, la pena confermata è di 18 anni per incendio doloso ed omicidio colposo. Ma allora neanche Lollo è più reperibile: momentaneamente rilasciato fugge, grazie al cosiddetto Soccorso Rosso Militante.
I tre vanno all’estero: Svezia, Africa, Sud America. Poi, nel 1987 la Cassazione dichiara la pena prescritta. Liberi, di fatto. Lollo torna in Italia dove lavora come giornalista, Grillo è in America Latina. Di Clavo, ad oggi, non si hanno notizie.
Nel 2005 la Corte d’Appello di Roma riapre il processo per il reato di strage, reato che non cade in prescrizione.
Pur avendo riconosciuto le proprie responsabilità, nessun membro del commando ha mai pagato per la morte dei due fratelli, icona di una delle pagine più orribili della cupa stagione degli Anni di Piombo.