In Unione Sovietica, la brutale esecuzione di 11 membri della famiglia imperiale Romanov, avvenuta dopo la Rivoluzione russa, a Ekaterinburg, il 17 luglio del 1918, era un argomento tabù. Solo nel 1976 il produttore cinematografico Geli Rjabov e l’etnografo Alexander Avdonin avviarono la ricerca delle sepolture reali dopo aver parlato con il figlio di Jakov Jurovskij, Alexander, che aveva letto quanto il padre aveva scritto circa la propria parte nell’esecuzione della famiglia e nell’eliminazione dei corpi.
Inoltre avevano letto il resoconto di Nikolaj Sokolov, che nel 1919 era stato incaricato di investigare sul destino dei Romanov, e il diario scritto da un ufficiale bolscevico locale, Pavel Bjkov, sugli ultimi giorni della famiglia. Nel 1979, Rjabov e Avdonin trovarono ossa umane nella foresta di Koptjaki, presso la fabbrica Isetsk, a circa 20 km da Ekaterinburg. Portarono con sé tre crani.
Temendo le conseguenze della scoperta, mantennero il segreto sul ritrovamento e interrarono nuovamente i teschi. Nel 1989, finalmente, Ryabov rivelò il frutto delle loro ricerche. Due anni dopo, con il benestare del presidente Boris Eltsin, gli archeologi iniziarono a lavorare nel sito, riesumando nove corpi. L’archeologa Korjakova, che pure aveva partecipato a molti disseppellimenti, disse al “Sunday Times” di non avere mai visto resti così “malamente danneggiati
e violati“. I giustizieri avevano cosparso i cadaveri con l’acido per celarne l’identità. I corpi sarebbero dovuti essere 11, ma se ne contavano solo nove.
I medici legali conclusero che quelli di Alessio e Maria erano scomparsi. Per un po’ parve che la femmina mancante fosse Anastasia, alimentando le voci sulla sua sopravvivenza. Nel 2007 gli ultimi due corpi furono rinvenuti a 70 metri di distanza dalla fossa comune: i test del Dna conclusero che erano quelli di Alessio e Maria.
La Chiesa ortodossa non riconosce i resti come quelli della famiglia imperiale. Quando essi furono sepolti nella cattedrale dei SS. Pietro e Paolo a San Pietroburgo, nel 1998, il sacerdote evitò di pronunciarne i nomi. Nel settembre 2015, una commissione investigativa ha riaperto il caso di omicidio dopo che la Chiesa ha richiesto ulteriori test sui resti umani.