Parlando dell’Ordine del Tempio, oltre al fondatore, il cavaliere francese Hugues de Payns, un altro personaggio determinante per la sua storia fu di certo San Bernardo da Chiaravalle. Se il primo ebbe infatti l’idea di una confraternita laica, che unisse lo spirito guerriero all’anima religiosa, al santo cluniacense va riconosciuto il merito di aver incanalato questo ardore militare nei canoni ufficiali di Santa Romana Chiesa.
Oltre a essere l’ispiratore della Regola, non l’estensore come molti erroneamente credono, Bernardo fu soprattutto l’autore del Liber ad Milites Templi de laude novae militiae, breve testo scritto intorno al 1128 e considerato da molti come il “manifesto programmatico” del Tempio. Per la stesura di questo testo, in cui l’Ordine trovava la giustificazione morale per la sua missione in Terrasanta, il Santo si prese il tempo necessario per poter ricercare le parole e i concetti più profondi, a proposito di un argomento così importante.
A Hugues, che lo sollecitava, Bernardo rispose: “Per una, due e tre volte, se non erro, o dilettissimo Ugo, mi hai chiesto di scrivere un discorso di esortazione per te e per i tuoi compagni d’arme e di brandire lo stilo, dal momento che non mi è concesso brandire la lancia, contro un nemico tirannico. Affermi che sarà per voi di non poco conforto se io vi incoraggerò per mezzo dei miei scritti, dal momento che non posso farlo per mezzo delle armi. Ho tardato alquanto, in verità, non perché la richiesta mi sembrasse da disprezzare, ma perché il mio consenso non fosse tacciato di leggerezza e frettolosità”.
San Bernardo e i cavalieri templari: quando uccidere un musulmano non era proibito
Bernardo, in queste pagine, dava vita alla teoria del “malicidio”, con cui i templari erano autorizzati a uccidere i musulmani, in quanto rappresentazione del male: uccidendoli non si commetteva un brutale “omicidio” ma, appunto un “malicidio”. Il Santo non istigava alla violenza o alla “guerra santa”, più che altro alla “guerra giusta”, quella che doveva servire al mantenimento della pace: infatti scriveva: “Certo non si dovrebbero uccidere neppure gli infedeli se in qualche altro modo si potesse impedire la loro eccessiva molestia e l’oppressione dei fedeli. Ma nella situazione attuale è meglio che essi vengano uccisi, piuttosto che lasciare senza scampo la verga dei peccatori sospesa sulla sorte dei giusti e affinché i giusti non spingano le loro azioni fino all’iniquità”.
Il De laude spiega anche la doppia natura dei templari: “Un nuovo genere di cavalieri, dico, che i tempi passati non hanno mai conosciuto: essi combattono senza tregua una duplice battaglia, sia contro la carne e il sangue, sia contro gli spiriti maligni del mondo invisibile”. E, più avanti nel testo, Bernardo definisce la nuova figura dei monacicavalieri: “Sono, a vedersi, più miti degli agnelli e più feroci dei leoni, al punto che dubito se sia meglio chiamarli monaci o piuttosto cavalieri. Ma forse potrei chiamarli più esattamente in entrambi i modi, poiché a essi non manca né la dolcezza del monaco né la fermezza del cavaliere”.