Tra le moltissime vestigia tra i nuraghi della Sardegna ce n’è una, risalente al II millennio a.C., che già dal nome dà l’idea del mistero che l’avvolge. Le Tombe dei giganti, come sono chiamate da tempo immemore, sono sepolture collettive di dimensioni ciclopiche, presenti in tutta l’isola. Uno dei siti più importanti è la toma di Coddu Vecchiu a Capichera, nei pressi di Arzachena. Il loro nome deriverebbe dalla convinzione che ospitassero il corpo di un’unica, titanica creatura.
La struttura era lunga fino a 30 metri e poteva essere alta 3 metri. Oggi si conoscono circa 800 tombe, disseminate in tutta la regione, costruite conficcando nel terreno grandi monoliti di pietra e ricoprendo il tutto con una sorta di tumulo, che dava alla struttura l’aspetto di un barca rovesciata.
Particolare era l’aspetto del frontale dell’area d’ingresso, definito a “corna di toro”: un semicerchio di pietra che aveva il suo punto focale nell’ingresso. Al centro di questa ellisse si trovava una grande stele con una porticina alla base, che univa il mondo dei vivi con quello dei morti. Questa particolare conformazione fa pensare a una partoriente, dal momento che nascita e morte risultavano profondamente collegati in molte civiltà arcaiche. I misteri di queste tombe sono molti: dai metodi costruttivi alle dimensioni, che ne fanno monumenti unici al mondo.
Ma è soprattutto la loro funzione a risultare enigmatica. Secondo alcuni studiosi erano tombe in cui veniva reso omaggio agli antenati, senza distinzione di censo, mentre per altri si trattava di ossari dove venivano deposti gli scheletri dei morti dopo essere stati scarnificati. Pare che le sepolture ospitassero fino a 200 defunti. La vera particolarità sta però nell’orientamento: in alcuni siti, durante gli equinozi, all’alba, il sole penetra nei corridoi che portano alla sepoltura. Altri, invece, sembrano orientati in direzione della costellazione del Toro.