A Budapest nel novembre 1944 i rappresentanti dei paesi neutrali (Città del Vaticano, Svezia, Spagna, Portogallo e Svizzera) cercano in qualche modo di limitare, fermare, respingere la furia antisemita delle Croci Frecciate, i nazisti ungheresi decisi a fare dello zelo persino nei confronti dei “colleghi” tedeschi, presenti nel paese dal marzo dello stesso anno. La caccia all’ebreo diventa una priorità assoluta delle “camicie verdi”. Le prede del resto sono ancora molto numerose. Benché in gran parte già sterminati dal rullo compressore nazista, a Budapest ci sono ancora circa 100.000 ebrei, la cui sorte è appesa a un filo e sui quali si concentrano gli sforzi delle ambasciate neutrali.
Da Angelo Rotta, Nunzio Apostolico, a Raul Wallenberg, inviato speciale presso l’ambasciata di Svezia, da Carl Lutz console di Svizzera a Giorgio (Jorge) Perlasca, finto incaricato d’affari spagnolo, tutti cercano di intervenire presso le autorità magiare per impedire le deportazioni di massa verso i campi della morte. Ma non è facile, le difficoltà sono enormi. Di fronte a loro si erge, in effetti, Adolf Eichmann, l’efficiente gestore della “soluzione finale”, “lo sterminatore”, deciso a eliminare tutti gli ebrei ungheresi. Ma deve far presto, sa di non avere più molto tempo. Vuole quindi accelerare le deportazioni, anche a piedi fino alla frontiera austriaca, dopo che le ferrovie magiare hanno cessato di funzionare. Saranno le tristemente famose “marce della morte”.
Particolarmente attiva in questa fase si mostra l’ambasciata di Spagna, il cui governo, sulla scia di una lunghissima tradizione, assume un atteggiamento favorevole nei confronti degli “ebrei spagnoli”, cioè dei sefarditi, i discendenti degli ebrei cacciati dalla penisola iberica nel 1492 a seguito delle pressioni esercitate dall’Inquisizione e il cui ritorno sarà favorito secoli dopo dai re Alfonso XII e XIII. Nel 1924 inoltre, per cancellare una pagina poco gloriosa nella storia del paese, il dittatore Primo de Rivera aveva fatto approvare una legge che accordava la protezione e la nazionalità spagnola agli ebrei sefarditi sparsi per il mondo. Ed è alla luce di quel provvedimento che le ambasciate spagnole intervengono nei paesi occupati dai nazisti.
In questi drammatici frangenti entra in scena il giovane diplomatico Angel Sanz-Briz, responsabile dell’ambascita spagnola a Budapest tra il 1943 e il 1944.
Nato in Aragona nel 1910, Sanz-Briz inizia la carriera diplomatica nel 1939 come incaricato d’affari al Cairo. Nel 1943, come seconda destinazione e sempre come incaricato d’affari, è trasferito all’ambasciata di Budapest. La relativamente tranquilla vita diplomatica di Angel, rappresentante di un paese neutrale, cambia drasticamente quando la Germania invade nel marzo 1944 l’Ungheria e sulle orme delle truppe tedesche arriva a Budapest Adolf Eichmann, ansioso di mettere le mani sul bottino magiaro: 100.000 ebrei ungheresi, i superstiti una delle più importanti comunità ebraiche d’Europa, che all’inizio della guerra contava 700.000 persone. Avrebbe dato un bel contributo alla soluzione finale e Hitler sarebbe stato molto contento di lui e della sua perfetta organizzazione sterminatrice.
La cieca crudeltà di Eichmann tuttavia colpisce nel profondo il diplomatico spagnolo, che di sua iniziativa, senza cioè aver ricevuto istruzioni formali da Madrid, ricorre a tutti i mezzi a sua disposizione per evitare la camera a gas a migliaia di persone innocenti. Sfruttando a suo favore la legge di Primo de Rivera, negozia abilmente con le autorità magiare e ottiene il permesso di emettere documenti spagnoli per i sefarditi, che da quel momento passano sotto la protezione dell’ambasciata. Sviluppa questa sua attività in collaborazione e in coordinamento con i colleghi delle altre ambasciate neutrali, che pure, sotto diverse fattispecie giuridiche, cominciano a emettere speciali documenti nazionali in favore di ebrei ungheresi, i famosi ”passaporti di protezione”.
Un documento che non ha in realtà alcuna valore giuridico sul piano internazionale (i destinatari erano cittadini ungheresi e quindi non potevano essere sottratti alla sovranità di Budapest), ma che serve bene allo scopo. Il titolare – è specificato nel documento – sarà accolto nel paese “ di adozione” per così dire. In attesa del completamento delle relative procedure, passa sotto la protezione della corrispondente ambasciata.
Angel Sanz-Briz, in questo suo difficile e intenso lavoro, viene egregiamente coadiuvato da due membri dell’ambasciata, veri eroi della situazione. La signora Tourné, sua segretaria, francese di origine magiara, che esaminava le richieste di protezione e si occupava, insieme a una decina di volontari, anche della parte logistica (case di protezione, loro funzionamento, loro approvvigionamento) e l’avvocato Zoltàn Farkas, ungherese, consulente giuridico, indispensabile per trattare con le autorità locali, sempre pronte a frapporre ostacoli alle iniziative diplomatiche in favore degli ebrei. E’ una battaglia di tutti i giorni, di tutte le ore. I nazisti cercano ogni pretesto per rastrellare gli ebrei protetti. Sanno che non tutti evidentemente sono sefarditi e approfittano di ogni occasione utile per contrastare le iniziative della Legazione spagnola.

Tra i più stretti collaboratori di Sanz-Briz c’è anche il nostro Giorgio Perlasca, che, come vedremo, giocherà un ruolo essenziale nel salvataggio degli ebrei ospitati nelle case “spagnole” al momento della partenza di Sanz-Briz, quando Madrid non volle riconoscere il governo dei nazisti ungheresi più estremisti, i famigerati Nyilas.
Lavorando senza sosta e profondamente motivato, il diplomatico emette così migliaia di carte di protezione che garantiscono – in teoria – l’immunità al suo titolare. Alle scontate proteste delle autorità ungheresi o dello stesso Eichmann, Sanz-Briz risponde imperturbabile che si tratta di ebrei sefarditi, ai quali il governo di Franco riconosce la nazionalità spagnola.
In realtà i veri sefarditi sono molto pochi! La protezione si estende a tutti coloro che possono vantare un parente o un contatto utile con la Spagna. E quando non c’è alcun collegamento, lo si inventa!
Dei 5200 ebrei che salvò la Legazione, solo una piccola minoranza era di effettiva origine spagnola. Come riuscì Angel nel suo intento miracoloso di moltiplicare i pesci? Con un trucco molto semplice.
Le autorità magiare avevano dato l’autorizzazione a emettere salvacondotti per sole 200 persone. Poche, troppo poche in ogni caso per la visione umanitaria di Sanz-Briz, che peraltro accettò tale limitazione, senza reagire, avendo già in mente un accorgimento che avrebbe confuso i controllori locali. Creò delle serie per ogni numero da 1 a 200. Ad esempio 1A, 2A, 3A, ecc. Non solo. Per non estendere eccessivamente il numero delle serie, li collegò anche a intere famiglie. Così il totale dei protetti si moltiplicò come per incanto.
L’incaricato d’affari sapeva che ci sarebbero state richieste di spiegazioni e chiarimenti. Avrebbe quindi risposto con molta lentezza e con complicate argomentazioni giuridiche, in attesa dell’immancabile replica. Intanto però gli ebrei che avevano già ottenuto il documento erano passati sotto la protezione dell’ ambasciata di Spagna.
Ma cosa c’era scritto in queste carte di protezione? Eccone un esempio.
“Certifico che Mor Mannheim, nato nel 1907, residente in Budapest, calle Katon Jozsef, 41, ha sollecitato, attraverso suoi parenti in Spagna, l’acquisizione della nazionalità spagnola. La Legazione di Spagna è stata autorizzata a concedergli un visto d’ingresso prima che si concludano le procedure che detta sollecitudine comporta”. Budapest, 14 novembre 1944. Firmato Angel Sanz-Briz”.
Ovviamente il signor Mor Mannheim non aveva alcun parente in Spagna…Ma proprio grazie a questo documento poteva evitare di prendere la strada, insieme alla sua famiglia, verso i campi di sterminio!
Questa proliferazione di salvacondotti creò però un inaspettato problema. Troppi ebrei “spagnoli” per le strade avrebbero confortato le autorità magiare nei loro sospetti circa la manipolazione dei numeri concessi. Era dunque consigliabile nascondere i protetti presso alcune case di cui la Legazione spagnola disponeva a Budapest. Gli ebrei vi sarebbero rimasti nascosti, sarebbero usciti il meno possibile e comunque mai troppo numerosi insieme per non dare nell’occhio. Naturalmente la Legazione doveva provvedere anche alla “logistica”: fornire cioè derrate alimentari e assistenza medica. Attività non da poco, se si pensa che nel paese stremato dalla guerra la penuria era generalizzata. Non solo. Occorreva altresì garantire l’immunità degli edifici per evitare sempre possibili intrusioni violente degli estremisti ungheresi e delle SS naziste.
Così San-Briz ebbe l’idea di presentare gli edifici come “Annessi della Legazione di Spagna” (Biblioteca spagnola, Centro culturale spagnolo ecc.), che godevano quindi della inviolabilità diplomatica. Trucco che funzionò alla perfezione. Nessuno degli edifici fu mai violato. I protetti rimanevano nascosti fin quando non era individuata la possibilità di trasferirne qualcuno in Spagna o in Svizzera o in qualunque paese disposto ad accoglierli.
San-Briz conseguì questi eccezionali risultati grazie anche a un favorevole concorso di circostanze. Da una parte, la fine imminente della guerra non lasciava insensibili alcuni alti ufficiali tedeschi e dirigenti ungheresi all’offerta di denaro per chiudere un occhio. E’ molto probabile che il diplomatico spagnolo abbia fatto ricorso anche allo strumento della corruzione pur di salvare gli ebrei. Come del resto facevano i suoi colleghi delle ambasciate neutrali. Dall’altra, Berlino, forse a conoscenza dei maneggi della Legazione di Spagna, non voleva troppo esacerbare la situazione per non guastare le relazioni con il governo di Francisco Franco, neutrale certo, ma pur sempre amico della Germania.
Il 30 novembre 1944, dopo la presa del potere da parte dei Nyilas e approssimandosi l’arrivo dell’esercito sovietico a Budapest, Sanz-Briz ricevette l’ordine da Madrid di abbandonare la Legazione e di trasferirsi in Svizzera.
Ma chi avrebbe continuato allora a occuparsi degli ebrei “protetti”? Nessuno sul momento sembrava avere la risposta. In realtà qualcuno disposto a continuare l’opera di Sanz-Briz c’era. Si trattava di Giorgio Perlasca, il quale, generosamente e correndo rischi superiori a quelli di Sanz-Briz perché non aveva la copertura diplomatica, accettò l’incarico di occuparsi delle case spagnole e di proteggere gli ebrei che vi erano ospitati.
Ma chi era Perlasca e come era diventato collaboratore della Legazione di Spagna a Budapest?
Fascista della prima ora, volontario in Abissinia e in Spagna – dove si era guadagnato titoli di benemerenza nei confronti della Falange- Perlasca si allontanò dall’ideologia fascista dopo l’approvazione delle leggi razziali volute da Mussolini per far piacere a Hitler. Scoppiata la Seconda guerra mondiale, Giorgio – titolare di un congedo illimitato avendo partecipato già a due conflitti – preferì continuare la sua attività di importatore di carni bovine per conto della società SAIB. Ed è in tale veste che si trovava a Budapest quando i tedeschi, nel marzo 1944, assunsero il controllo dell’Ungheria.
Considerato oramai un antifascista avendo giurato fedeltà al Regno d’Italia dopo l’armistizio dell’8 settembre, era attivamente ricercato dalle SS. Allora – forte della sua partecipazione alla guerra civile spagnola accanto ai nazionalisti – si rivolse e chiese protezione alla Legazione di Spagna. Qui l’incaricato d’affari Sanz-Briz non solo gli rilasciò un certificato di cittadinanza spagnola (intestato a “Jorge” Perlasca), assegnandogli un alloggio in uno degli edifici posti sotto protezione diplomatica, ma gli chiese anche di collaborare alle iniziative intraprese per il salvataggio degli “ebrei spagnoli”.Perlasca, senza esitare, spinto da un genuino sentimento di generosità umana, accettò l’offerta e venne quindi notificato al Ministero degli Esteri magiaro quale funzionario della Legazione di Spagna.
Al momento della partenza definitiva di Sanz-Briz, Madame Tourné e l’avvocato Farkas si chiedevano angosciati chi si sarebbe occupato delle case protette, temendo persino la chiusura della Legazione, non avendo Madrid riconosciuto il nuovo governo delle Croci Frecciate. Chi avrebbe potuto più opporsi alle retate violente delle SS o delle “camicie verdi”?
Giorgio Perlasca ebbe la risposta giusta a quei drammatici quesiti. Giocando d’azzardo e rischiando una posta molto alta (la sua stessa vita), inviò una Nota ufficiale (falsa) della Legazione al Mistero degli Esteri ungherese, affermando che le autorità di Madrid non avevano ancora preso una decisione definitiva circa il riconoscimento e che Sanz-Briz, dovendo partire per un’importante missione in Svizzera, aveva lasciato a lui la reggenza della Legazione. Insomma era lui il nuovo interlocutore ufficiale. E, cosa straordinaria, fu creduto!
Per circa un mese e mezzo (1 dicembre 1944/14 gennaio 1945) quindi il commerciante di carni italiano agì come un esperto diplomatico, rilasciando documenti di protezione, intervenendo per impedire il rastrellamento degli ebrei protetti, partecipando alle riunioni di coordinamento dei colleghi dei paesi neutrali. Nessuno sospettò nulla. Se le camicie verdi avessero scoperto il trucco, lo avrebbero molto probabilmente giustiziato. Madrid del resto non ne sapeva nulla. La difficoltà di comunicazione con un paese oramai in ginocchio, fece sì che la mistificazione durasse per ben sei settimane. Perlasca continuò con sorprendente coraggio e assoluta dedizione, l’opera assistenziale e umanitaria iniziata da Sanz-Briz, mantenendo in sicurezza gli ebrei protetti nelle case spagnole, che in assenza di una Legazione funzionante sarebbero stati certamente avviati ai campi di sterminio.
Terminata la guerra Perlasca, fu dimenticato o forse nessuno credette alla sua incredibile avventura di falso diplomatico spagnolo. Solo quarant’anni più tardi, le testimonianze di alcune persone da lui personalmente salvate resero possibile la ricostituzione delle vicende di “Jorge” Perlasca, magnifico “impostore”, entrato in punta di piedi nella Storia dell’Europa e dichiarato in Israele“Giusto delle Nazioni”.
Inoltre, grazie al libro di Enrico Deaglio (La banalità del bene), al programma televisivo Mixer e al film Giorgio Perlasca, un eroe italiano, la figura di Perlasca acquistò immensa popolarità Italia e le sue gesta commossero l’intero paese.
Uguale sorte fu riservata a Sanz-Briz. Rientrato in patria, non fu ringraziato e complimentato per la sua attività umanitaria in Budapest, che certamente erano andate oltre le incerte direttive in provenienza da Madrid. Né ricevette alcun encomio ufficiale. Ma non se ne dolse. A lui bastava l’intima soddisfazione di aver slavato la vita a 5200 ebrei. Continuò così la sua brillante carriera diplomatica, ricoprendo importanti incarichi a San Francisco, Washington, Lima, Berna, Guatemala, L’Aia, Bruxelles e Pechino. Nel 1976 fu nominato ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede, dove morì l’11 gennaio 1980.
Il riconoscimento della sua straordinaria attività avvenne molto più tardi, nel 1991, quando lo Yad Vashem esaminò attentamente le sue iniziative e i suoi interventi, valutò i rischi che aveva corso, decidendo di dichiararlo “Giusto delle Nazioni” e iscrivendo il suo nome nel memoriale dell’Olocausto a perenne ricordo di un diplomatico che, insieme a Perlasca e agli altri eroi della Legazione spagnola, aveva salvaguardato l’onore dell’umanità. Tre anni anche Budapest si ricordò del diplomatico spagnolo, dedicandogli una lapide apposta su una delle case che diedero rifugio agli “ebrei spagnoli”, di fronte al parco di San Esteban.
Malgrado ciò, Sanz-Briz continuò a rimanere sconosciuto nel suo paese, fino a quando nel 2000 il giornalista Diego Carcedo pubblicò un libro sulla sua opera. Un libro che ebbe un immenso successo, tanto che il viso del diplomatico apparve su un francobollo in una serie dedicata alla difesa dei diritti dell’uomo.

Anche altri diplomatici spagnoli si adoperarono in favore degli ebrei, sefarditi e non, da Parigi a Sofia, da Bordeaux a Bucarest, tutti diedero il loro contributo.
Ma il maggior risultato fu raggiunto a Budapest, dove la Legazione spagnola, diretta da Sanz-Briz e presa in carico per sei settimane da Perlasca, diede il meglio di sé per proteggere la vita di migliaia di persone innocenti, colpevoli solo di appartenere a una religione non gradita al terzo Reich.
Angel Sanz-Briz fu senza dubbio uno degli angeli salvatori che volarono su Budapest in quelle tragiche circostanze.