Altre Resistenze. Gli italiani in Africa Orientale: Amedeo Guillet e Rosa Danieli

Il medico Rosa Costanza Danieli da Cuveglio è giunta in Etiopia l’indomani della conquista italiana; poi, nel 1941, l’occupazione inglese e il ritorno del Negus complicano la situazione dei 10 mila italiani residenti nella nazione africana, dove i soldati del Commonwealth e le locali autorità etiopi non lesinano angherie nei confronti degli ex coloni. In risposta alla sconfitta militare e per difendersi dalle prepotenze, militari e civili si uniscono in gruppi clandestini per raccolgono informazioni da comunicare poi a Roma, o si danno ad una vera e propria guerriglia contro il Royal Army. Rosa Danieli opera in contatto con il Servizio Informazioni Militare per il quale svolge operazioni di raccolta e trasmissione dati finché, nel novembre 1942, localizzato un deposito di munizioni il medico piemontese lo incendia e lo fa saltare. 

L’azione, ardita quanto clamorosa, spinge le autorità britanniche ad una caccia serrata che si conclude nel gennaio 1943 con l’arresto della Danieli. Interrogata duramente, non cede e non fa i nomi degli altri appartenenti alla sua rete; viene poi internata con la sorella in un campo di prigionia ove resta fino al 1946 quando rientra in Italia dove il suo coraggio è riconosciuto con il conferimento della Medaglia di Bronzo al Valor Militare. 

Una guerra irregolare combattuta anche da molti militari. Malgrado non sia possibile quantificare quanti soldati abbiano partecipato ad azioni di guerriglia né se le bande erano fra loro organizzate, è certo che molti gruppi operano in Etiopia nelle province Dancalia, Ogaden e Dessie. Altri si muovono in Eritrea e un altro in Somalia, agli ordini del tenente colonnello dei Carabinieri Calderari. I comandanti di queste unità clandestine provengono dai ranghi della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, dalla Regia Marina e dal Regio Esercito come il tenente Amedeo Guillet, un veterano di Spagna, dell’Abissinia e della campagna in Africa Orientale. 

Comandante di una torma di spahis, cavalleria indigena originaria della Cirenaica, Guillet si distingue per audaci azioni nel ’35-’36 poi, in piena Seconda Guerra Mondiale, partecipa all’ultima battaglia del fronte etiopico, quella di Agodar (26-31 gennaio 1941) al termine della quale gli italiani sono costretti a ripiegare in Eritrea nella roccaforte di Cheren. 

Il “Gruppo Bande Amhara” (nome dell’unità di Guillet) preferisce non arretrare e restare in Etiopia. Profondo conoscitore della lingua e della cultura araba, sostenuto e amato dai suoi spahis che lo battezzano “Cumandar as Shaytan” (Comandante Diavolo), il tenente assume il nome di Ahmed Abdallah al Redai costruendosi l’identità di un lavoratore yemenita per meglio muoversi nei territori occupati. Nei i successivi otto mesi Guillet e i suoi guerrieri indigeni tengono in scacco polizia ed esercito britannici, facendo credere di essere una banda di predoni. Tuttavia la specificità degli obiettivi delle azioni (assalti a convogli, distruzione di depositi e di infrastrutture) convince gli inglesi che la banda abbia sia composta da ex militari del Regio Esercito. Dunque polizia e servizi segreti scatenano contro Guillet una caccia serrata che lo costringere a sciogliere l’unità e a tentare di raggiungere lo Yemen. Siamo a fine 1941 quando il giovane ufficiale approda finalmente nel sud della penisola arabica; dopo un anno trascorso alla corte di un alto dignitario yemenita, il “Comandante Diavolo” riesce a sfuggire ancora una volta agli inglesi imbarcandosi su uno degli ultimi piroscafi che evacuano gli italiani d’Eritrea. Ultimi perché, come prima accennato, le vicende armistiziali imporranno un blocco dei trasferimenti. 

 

 

(Fonte immagine sfondo: https://www.facebook.com/pg/amedeoguillet.09/posts/)

Marco Petrelli

Nato a Terni, una laurea in Storia e una in Storia e politica internazionale, è giornalista e fotoreporter. Si occupa di difesa, esteri e reportage... questi ultimi di solito caratterizzati da un bianco e nero ad alto contrasto. Collabora, fra gli altri, con BBC History, AeroJournal, Affari Internazionali. Amante del cielo, ha dedicato due titoli alla storia aeronautica.

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