Paragonato agli imperi coloniali inglese e francese, che si estendevano su gran parte del globo terrestre, quello creato da Mussolini risultava quasi trascurabile. Ma così non era: per un Paese piccolo e giovane come il nostro, entrare in possesso dell’Etiopia, l’ultimo regno indipendente dell’Africa Nera, fu quasi uno shock.
Tutt’a un tratto, l’Italia si trovava ad amministrare un territorio immenso e quasi sconosciuto, che a differenza di altre aree del Continente Nero era ricco di tradizioni complesse e articolate, con una geografia aspra e dinamiche etniche difficili da comprendere e quasi impossibili da gestire.
Il regime fascista conquistò Addis Abeba quando si trovava all’apice della popolarità. Profuse nella guerra d’oltremare moltissime risorse, e ancor più ne spese per trasformare l’Africa Orientale Italiana in un impero modello, che fosse diverso da tutti gli altri e che potesse attirare e sfamare quell’“Italia proletaria” di cui il Duce non si stancava di parlare. Le ambizioni non si fermavano all’Etiopia: Mussolini non stese mai piani precisi, ma di sicuro voleva il Mediterraneo, l’Egitto, il Sudan, il Canale di Suez. Bastarono tre anni di guerra al fianco della Germania, e di quell’impero immenso non rimase più nemmeno un granello di sabbia.