Uno sembra un missile, l’altro un aereo radiocomandato di quelli che si trovano nei negozi di aeromodellismo. Se paragonati ai moderni Predator e Shadow in dotazione all’Aeronautica e all’Esercito, sembrerebbero giocattoli. Eppure il CL-89 e l’RP71 giocarono un ruolo fondamentale nell’epoca in cui furono in servizio: la Guerra fredda.

I droni non sono un’invenzione recentissima: già negli Anni Venti in Russia aveva volato un aereo senza pilota; nella seconda guerra mondiale i tedeschi ricorsero ai razzi teleguidati (V1) e ai Goliath, piccoli carri armati radio-comandati, dotati di una carica esplosiva.
Ma è il confronto est-ovest post conflitto mondiale a palesare l’importanza dei dispositivi a controllo remoto. La necessità di sorvegliare e di raccogliere informazioni con discrezione, auspicando di non essere intercettati e magari catturati dal nemico si fece palese in particolare dopo l’incidente dell’U2.
Fu proprio nella prima metà degli Anni Sessanta che la Canadair e la Northrop lanciarono sul mercato (militare) i due dispositivi destinati a segnare la storia.
Il CL-89 aveva un’autonomia non molto estesa ma la velocità(750 km/h) e la tangenza (10 mila piedi, circa 3000 metri), con il suo motore a razzo ne facevano uno strumento ideale per la ricognizione… fotografica. Il dispositivo, in dotazione in Italia al 13º Gruppo acquisizione obiettivi (GRACO) “Aquileia” dell’Esercito, permetteva di registrare su un supporto magnetico materiale cine-fotografico poi paracadutato e recuperato.
Era sparato nel cielo come un missile ma il suo compito era, appunto, più “pacifico”. Un occhio indiscreto nei cieli, capace di cogliere, in poco tempo e con precisione, informazioni preziose e dettagliate.
Simile nei fini, per quanto completamente diverso l’RP71. Un aereo vero e proprio, nella sagoma e nel funzionamento, per quanto in miniatura: “radioplane”, quale era la denominazione che ne accompagnava la sigla. Progettato nel 1955, dopo aver compiuto la sua foto-ricognizione era recuperato attraverso un paracadute che permetteva al dispositivo di tornare dolcemente a terra.

Strumenti di un tempo che fu, oggi assolutamente obsoleti specie se rapportati ai futuristici APR delle Forze Armate.
Il 13° GRACO “Aquileia” si sciolse nel 1993. Parte della sua eredità è stata raccolta dal 185° Reggimento Acquisizione Obiettivi (batteria paracadutisti), mentre per la parte droni i moderni velivoli senza pilota dell’Esercito Italiano sono gli RQ-11 Raven e gli SHADOW-200 dell’Aviazione Esercito.
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(Immagine di sfondo: un Northrop Grumman RP7 dello stesso modello di quelli in dotazione al GRACO. Fonte immagine: Wiki)
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