Giovanni Giolitti è senz’altro uno dei politici italiani più noti e meno conosciuti. Ha retto più volte il governo a cavallo del Novecento e ha talmente influenzato i decenni politici in cui è vissuto da farli passare alla storia come età giolittiana. Eppure molti italiani avrebbero difficoltà a mettere insieme qualche parola sulle azioni di questo statista che ha contribuito in modo decisivo a fare l’Italia. Questo libro “Giolitti. Il senso dello Stato”, edito da Rusconi (656 pagine, rilegato sovracopertina, prezzo 24 euro) frutto di mezzo secolo di studi specifici del professor Aldo A. Mola, colma questa lacuna e offre a chiunque la possibilità di riscoprire un pezzo così determinante della storia italiana. In questa imponente biografia, Aldo Mola si sottrae alla tentazione di risolvere Giolitti nell’età cui dette il nome per consegnarci il ritratto vivo e complesso di un personaggio nuovo e diverso da quello che tanti di noi credono di conoscere.
Tanto per capirci stiamo parlando di un personaggio politico, che, per dirla con le parole di Mola, “ha cercato di evitare l’intervento dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale e ha capito il pericolo del fascismo sin dall’inizio della sua affermazione, nel 1922”. Era infatti all’ottantenne Giolitti che re Vittorio Emanuele III voleva affidare l’incarico di formare il Governo in quell’ottobre del 1922. Poiché l’anziano leader politico era lontano da Roma e gli avvenimenti pressavano con urgenza, il re alla fine affidò l’incarico a Benito Mussolini. Forse se Giolitti fosse stato a Roma la storia d’Italia sarebbe andata in modo diverso, così come diversamente si sarebbero svolti gli eventi di qualche anno prima, quando Giolitti capeggiava la fazione neutralista che voleva evitare “l’inutile strage” della Prima Guerra Mondiale e fu invece travolto dalla passione degli interventisti.
Il saggio ricostruisce in modo dettagliato la figura di Giolitti partendo proprio dall’ultimo atto, la sua uscita di scena, corrispondente all’ingresso nel panorama politico-istituzionale di Benito Mussolini. Da lì, viene poi ripercorsa la straordinaria carriera politica di Giolitti, che fu cinque volte presidente del Consiglio dei ministri tra il 1892 e il 1921. Deputato dal 1882 alla morte, ministro del Tesoro e delle Finanze (1889-1891) nel governo presieduto da Francesco Crispi, e dell’Interno in quello guidato da Giuseppe Zanardelli (1901-1903), Giolitti fu il motore della svolta liberale di inizio Novecento e delle grandi riforme politiche, economiche e sociali che affermarono l’Italia tra le grandi potenze. Tra le principali si ricordano le leggi speciali per il Mezzogiorno, su pubblico impiego, istruzione obbligatoria, cittadinanza, tutela dei beni culturali, sanità, il varo del diritto di voto universale maschile (1912-1913), ma anche implicato nello scandalo della corruzione della Banca Romana, e fieramente avversato da personaggi come Gaetano Salvemini e Luigi Sturzo.
Una figura forse ingiustamente rimasta un po’ all’ombra nella conoscenza storica degli italiani, probabilmente perché la sua storia non si accompagnò a grandi eventi bellici delle dimensioni del Risorgimento o delle Guerre Mondiali. Ma forse fu proprio l’aver tenuto al riparo l’Italia, per quanto poté, da sanguinosi stravolgimenti il maggior merito di uno dei più grandi statisti della penisola.