All’apice della sua carriera criminale era considerato dalla stampa americana il “pericolo pubblico numero uno”. Al Capone, noto come Scarface, il più potente tra i gangster italo-americani negli anni del proibizionismo, fu incastrato dalla giustizia grazie al lavoro di un pool di investigatori capitanati dall’agente speciale Eliot Ness. Esperti e incorruttibili, i poliziotti subito ribattezzati “gli intoccabili” intercettarono le telefonate del boss e passarono al setaccio tutte le transazioni finanziarie dei suoi soci, riuscendo a raccogliere una serie di prove che il 6 ottobre del 1931 portarono all’incriminazione di Capone e di altri capi criminali per… evasione fiscale e violazione della legge sugli alcolici.
Una giuria sostituita all’ultimo momento, dopo che la prima era stata corrotta dagli imputati, accolse parte delle prove e condannò Al Capone a 11 anni di reclusione. Tornò libero soltanto nel 1939 quando già gli era stata diagnosticata la sifilide, malattia che, dopo averlo rapidamente condotto a una forma di demenza, lo portò alla morte nel 1947.